La missione dei gemelli Pesce

La missione dei gemelli Pesce

La normalità? Non esiste. Esiste l'amore, però. Ed «è l'amore che ha prevalso: l'amore di Gesù», spiega fra Marco Pesce, ordinato sacerdote insieme al fratello gemello Matteo.
Ieri mattina, alle 10 e mezza, presso il santuario di Gesù Bambino di Praga di Arenzano, davanti al cardinale Angelo Bagnasco, erano in quattro. Oltre ai fratelli Pesce, anche Marco Poggi di Alessandria e Paolo Galbiati originario di Buccinasco. Quattro frati Carmelitani di 26 anni che ieri hanno concluso il cammino verso l'ordinazione e sono diventati sacerdoti.
Quattro ragazzi poco più che adolescenti che quando hanno abbracciato l'abito talare hanno scelto un attributo al proprio nome. Un nikname, in un certo qual modo. E così fra Matteo si fa chiamare «fra Matteo di Gesù», il fratello Marco ha scelto «di Gesù Signore e Maestro» mentre ai due compagni di viaggio ci si rivolge con gli attributi: «della Trinità» e «della Speranza». Ma a incuriosire maggiormente le televisioni e i giornali è il fatto che in un periodo di forte crisi delle vocazioni due fratelli gemelli, e per di più omozigoti, siano diventati insieme prima frati Carmelitani e poi, ieri, sacerdoti.
«Essere frate carmelitano significa seguire un ideale cristiano con una vita silenziosa e fraterna», spiega con un sorriso pacato Marco cresciuto col fratello nel seminario inferiore di Arenzano dall'età di 11 anni. Una vita di rigore e preghiera ispirata agli insegnamenti di Santa Teresa di Avila e San Giovanni della Croce. La chiamano preghiera silenziosa perché «si tace con la bocca e si prega col cuore» spiega Marco. Un rito che apre la giornata alle sei di mattina e si ripete a metà giornata, alla sera e prima del riposo notturno.
«Se siamo stati plagiati? Momenti di crisi ne abbiamo avuti ma alla fine non si fa un bilanciamento sui guadagni e sulle perdite perché è l'innamoramento di Gesù che prevale», aggiunge Marco che, sempre in piedi, in mezz'ora di intervista non si è mosso di un passo. Una disciplina acquisita negli anni. «Siamo abituati a restare in piedi per ore» spiega mentre ci guarda: «c'è chi dice che queste sono scelte coraggiose ma forse ci vuole più coraggio a fare una vita normale, a cercare un lavoro, a mantenere una famiglia».
I due gemelli non sono l'unico contributo della famiglia ai carmelitani: «Abbiamo 4 zii nell'ordine. È così che mia mamma (Aurelia) e mio papà (Angelo) si sono conosciuti», racconta Matteo. E poi c'è il fratello maggiore, Stefano, che invece ha fatto il militare, si è sposato e ha due figli.

«Qualche volta, all'inizio, ci chiedeva se eravamo veramente intenzionati a continuare su questa strada», racconta di nuovo Marco che sul futuro: «Tanti confratelli pensano all'Africa per vivere coi poveri ma io sinceramente penso che il Carmelitano è ovunque e anche da noi può fare il proprio servizio».
E sul fatto di essere gemelli? «Non capisco cosa ci sia di strano. Speriamo solo che tanto interessamento serva al Regno di Dio».

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