Rischia la pena di morte Lee Joon-Seok, il comandante del traghetto Sewol, affondato lo scorso aprile mentre si dirigeva da Incheon all'isola di Jeju, in Corea del Sud.
L'accusa ha chiesto la pena capitale per il più alto ufficiale della nave, su cui sono morte oltre trecento persone (294 i corpi recuperati, dieci ancora dispersi), per la maggior parte studenti delle scuole secondarie in gita scolastica, quando si è piegata su un lato ed è colata a picco.
Sulla nave si trovava anche Kang Min-Kyu, il vice-preside del liceo dal quale venivano i ragazzi. Sopravvissuto al naufragio, è stato trovato morto, suicida, pochi giorni dopo a Jindo, dove si erano riuniti i genitori di quelli che allora erano i dispersi della Sewol.
Il comandante Lee Joon-Seok ha detto al tribunale di Gwangiu di "meritare" la pena chiesta dall'accusa, ma ha invece smentito con forza di avere sacrificato i passeggeri per salvarsi la vita. Insieme ad altri quattordici dell'equipaggio, fu tra i primi ad essere tratti in salvo, poco dopo il naufragio. Ha dichiarato che al momento non era consapevole di quali sarebbero state le conseguenze delle sue azioni.
La sentenza è attesa per novembre. Allora si saprà anche la pena stabilita per tre membri dell'equipaggio (primo e secondo ufficiale e capo ingegnere) per cui è stato chiesto l'ergastolo. Per altri undici uomini della Sewol, accusati di reati di minore entità, sono state chieste pene fino a 30 anni di carcere.
Se anche
il capitano venisse condannato a morte, non è probabile che la condanna venga eseguita. L'Associated Press ricorda che dal 1997 è di fatto in vigore una moratoria per cui da allora non si sono tenute esecuzioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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