Erdogan scommette sulla crisi pronto a usare l’arma migranti

Il gioco del presidente turco

Erdogan scommette sulla crisi pronto a usare l’arma migranti

Per consuetudine, Recep Tayyip Erdogan scommette di emergenza in emergenza, tattica che lo porta spesso a vincere. Non si sa quanto potrà incassare in questa mano, ma l’Occidente potrebbe perdere molto. Dopo il quasi veto di Ankara all’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato, si allarga la forbice di interessi sull’asse Washington-Ankara, proprio mentre il premier Mario Draghi annuncia il bilaterale italo-turco per i primi di luglio, dopo il vertice atlantico di Madrid. Con la sua crociata anti Nato, il Sultano di fatto mira a strappare qualche concessione agli Usa a un anno dalle elezioni (estradizione di curdi dai Paesi baltici e F16 Viper). E ora c’è il rischio che l’amministrazione Biden commetta lo stesso errore fatto in Siria e Libia: dare all’inaffidabile Erdogan quel che chiede, anche perché gli Usa non pagheranno fio di questa scelta, le cui conseguenze ricadranno su Europa e Mediterraneo, già zavorrato da altre criticità come la crisi del grano, il caro energia e il dossier migranti. Proprio gli immigrati afghani, sommati ai siriani, saranno un’altra arma nelle mani di Ankara che già ha ottenuto l’accordo con Tripoli per la zona economica esclusiva nelle acque tra i due Paesi. Ed ecco svelato come impatta sul conflitto in Ucraina il tema Libia, dove l’appoggio turco al governo di Al Serraj ha di fatto estromesso l’Italia, creando al contempo una solida partnership con un Paese che, nel frattempo, è diventato ancora più appetibile per i suoi giacimenti. Di pari passo va il ragionamento da fare sul gas: in virtù dei preziosi campi Zohr e Leviathan presenti al largo di Egitto e Israele, era stata decisa la progettazione del gasdotto Eastmed che avrebbe condotto il gas fino al Salento. Tutti i Paesi coinvolti, saggiamente guidati dall’allora premier Benjamin Netanyahu, avevano avallato la mega pipeline, che avrebbe contribuito a cementare una sorta di pax mediterranea con interlocuzioni fra i governi di Tel Aviv, Il Cairo, Atene e Nicosia. Ma poi gli Usa hanno bloccato tutto per non irritare l’alleato sul Bosforo, pur essendo l’infrastruttura altamente strategica.

Il rischio concreto è che si passi da uno scenario con un ipotetico mediatore rinvigorito da molti bonus e da un’eccessiva dose di fiducia, a un quadro ancora più instabile perché influenzato da un leader regionale sempre meno filo Nato. Piuttosto, bramoso di espandersi alla luce di quella profondità strategica che ha come scopo la realizzazione della patria blu

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