Sono passati cinquant'anni esatti dal giorno in cui Martin Luther King guidò la marcia di Selma, recentemente raccontata da un film al cinema. Molta acqua è passata sotto i ponti. Eppure, dice alla Stampa Gay Talese, giornalista del New York Times che quel giorno era in Alabama, le cose sono cambiate forse meno di quanto pensiamo.
Certo, gli Stati Uniti hanno un presidente nero e il sindaco di New York, Bill De Blasio, ha sposato una donna di colore e ha un figlio dai tratti misti. "Sono eccezioni, però. La realtà quotidiana della gente normale non è questa. La nostra società è ancora segregata, e lo è anche la vostra".
Sono parole forti e che possono sembrare persino esagerate, che Talese spiega così: "Mio padre era emigrato dalla Calabria. Dopo il Risorgimento e l'unificazione guidata da Garibaldi, la Calabria, la Sicilia, il sud in generale, erano l'Alabama dell'Italia". Da allora di tempo ne è passato, viene da obiettare. Ma il giornalista continua: "Quando ci integrammo cosa facemmo? Cominciammo a riservare lo stesso trattamento alle altre minoranza, maltrattando i neri".
Il discorso che fa Talese non vale soltanto per gli Stati Uniti. "Una volta venni a Roma - ricorda - e l'autista che ci portava si lamentava: 'Questa città si sta riempiendo di meridionali. Con tutti questi calabresi, sembra di stare in Africa'". E a lui, che origini calabresi le aveva, venne da chiedersi: "Sono venuto fino a qui per farmi insultare da questo ignorante?".
Per quanto possa sembrare
tranchant, il giudizio del giornalista del Times è assolutamente chiaro. "Ora che siete ricchi, e gli immigrati vengono da voi, non volete i neri. Ma anche l'America è razzista come l'Alabama del '65, tutti lo siamo".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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