Il Messico si prepara allo sciopero generale del 20 novembre. Abituato ormai a migliaia di morti nella guerra dei narcos, questa volta il Paese Latinoamericano sembra davvero aver perso l’abituale rassegnazione dopo la scomparsa di 43 studenti a Iguala. I cadaveri dei ragazzi non sono stati recuperati, ma sulla loro sorte non ci sono dubbi. E non è servito a nulla che la polizia abbia arrestato 74 persone, a partire dal sindaco della città, José Luis Abarca, e da sua moglie Maria de los Angeles Pineda Villa.
L’accusa sostiene che il sindaco avrebbe fatto intervenire i narcos per bloccare gli studenti, in modo che i ragazzi non disturbassero il comizio della consorte. Un crimine assurdo, ma in Messico si può morire anche per molto meno, se si ha la sventura di sfiorare una delle innumerevoli guerre tra bande.
Questa volta, però, pare che il limite sia stato superato. La folla ha assaltato il Parlamento dello Stato di Guerrero ed ora si attende lo sciopero generale per misurare davvero il livello di indignazione collettiva. La situazione, tuttavia, è difficilmente gestibile. Lo Stato centrale e quelli locali oscillano tra durissime guerre contro i marcos e corruzione.
Il Paese ha un Pil che cresce a ritmi sostenuti. Una crescita che è tra le più rapide, e solide, dell’intera America Latina. Con la concreta prospettiva di diventare la quinta potenza economica mondiale entro 20-30 anni. Liberalizzazioni, investimenti, diversificazioni produttive: tutti elementi che favoriscono lo sviluppo interno e l’arrivo di investitori internazionali.
Ma la distribuzione della ricchezza rimane un problema e troppe aree del Messico continuano ad essere caratterizzate da povertà estrema, da servizi inesistenti, dalla mancanza di prospettive. Anche se il Chiapas non rappresenta più un problema militare o di ordine pubblico, resta ugualmente un problema sociale. E non c’è solo il Chiapas ad essere alle prese con aspettative deluse.
Inoltre la guerra dei narcos, tra loro e con il governo centrale, rischia di avere serie ripercussioni sul turismo che rappresenta un’importante voce del bilancio messicano. E le vicende interne influiscono, negativamente, anche sulle potenzialità che il Messico avrebbe a livello internazionale. A partire dallo scomodo vicino statunitense. Negli Usa la lingua spagnola si diffonde sempre di più e gli immigrati latinos (non solo messicani) diventano fondamentali per le elezioni del futuro presidente di Washington.
Ma un Messico dilaniato dai conflitti interni non può approfittare della situazione e si confina in un ruolo di futuro gigante economico e di perenne nano politico.Alessandro Grandi
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