Nella Turchia dei delatori per finire in cella basta un'opinione

Post su facebook, commenti ironici e idee nel Paese di Erdogan costano molto

Nella Turchia dei delatori per finire in cella basta un'opinione

È un clima di sospetto quello che incombe in questi giorni su una Turchia pronta ad andare alle urne, per un referendum che ne sancirà l'assetto futuro e che per Erdoğan è il compimento di un progetto che arriva molto da lontano, mentre per l'opposizione l'ultimo step di un percorso verso la dittatura.

Un clima descritto bene da un lungo articolo scritto per il Financial Times da Laura Pitel, che documenta la "discesa della Turchia nella paura e nel tradimento", come quella di Bilgin Bilgin Çiftçi, finito in tribunale per avere condiviso sui social network un post in cui si paragonava il presidente Erdoğan a Gollum, il cattivo della saga del Signore degli anelli.

Solo uno dei molti casi raccontati dal quotidiano della City, che parla di tassisti pronti a denunciare i clienti che parlano male del governo e amici e parenti che non esitano a fare lo stesso, in uno scenario in cui i "cittadini delatori" sono sempre più una realtà, in un Paese che la retorica della maggioranza vuole costantemente sotto attacco da parte del resto del mondo.

Il clima che i turchi respirano in patria, dove un post, un commento, un'ironia possono portare in carcere, è lo stesso che le autorità starebbero portando a esportare anche

all'estero, in Paesi come la Germania, dove sono in corso indagini per capire se da Ankara, tramite le rappresentanze diplomatiche, sia stato chiesto agli studenti turchi di segnalare i docenti con opinioni sul Paese d'origine indigeste in patria.

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