Nizza, il Front National guadagna terreno

Il malcontento trasversale è diffuso, la rabbia anche. “Tutti questi attentati favoriranno il Front National” scrivono alcuni giornali francesi

Nizza, il Front National guadagna terreno

“Hollande demission” gridano alcuni contestatori sulla Promenade Anglaise, il lungomare di Nizza, il giorno dopo l’attentato. La commemorazione silenziosa viene alternata di tanto in tanto da momenti di critica alla politica francese sia di destra che di sinistra. Se infatti è innegabile che il principale bersaglio delle proteste sia il presidente della repubblica Francois Hollande, lo è altrettanto il fatto che gli attacchi non risparmiano neanche la destra repubblicana di Nicolas Sarkozy. Il malcontento trasversale è diffuso, la rabbia anche. “Tutti questi attentati favoriranno il Front National” scrivono alcuni giornali francesi. Un concetto, questo, che è stato riscritto e ripetuto ampiamente su tutta la stampa mondiale in occasione di ogni attentato che ha colpito la Francia. Sarà vero? “Non posso dirlo, l’aumento dei voti del Front National precede tutti gli attentati. Certo è però il fatto che i morti sono la conseguenza di una situazione insostenibile che noi denunciamo da tempo”. A dirlo è Philippe Vardon, consigliere regionale nel dipartimento di Nizza-Provenza-Alpi e Costa Azzurra eletto tra le file del partito di Marine Le Pen. Nato e cresciuto a Nizza, fin da ragazzino Vardon ha iniziato la sua militanza politica opponendosi all’immigrazione e all’islamizzazione della sua città. Uomo di fiducia di Marion Le Pen, nipote di Marine e capogruppo del Front National presso il consiglio di questa regione, ha osservato l’avanzata dell’islamismo radicale a Nizza nel corso degli anni. Intervistato da Il Giornale racconta come si sia arrivati alla situazione odierna e quali, secondo lui, siano le misure da adottare per combatterla.

Philippe Vardon, la Francia si ritrova ancora una volta a contare i propri morti. Questa volta il terrorismo colpisce Nizza, e lo fa per mano di un proprio cittadino, seppur di origini straniere. Era immaginabile che questa città venisse colpita?

Non si può dire che ce lo si aspettasse, altrimenti si sarebbe dichiarato lo stato d’emergenza. Quello che però è certo è che negli ultimi 20 anni, e soprattutto negli ultimi 10, è esplosa la presenza islamista, che ha portato con sé un clima che da tempo noi denunciamo essere pericoloso. Per tutta risposta ci veniva detto dalle istituzioni che eravamo razzisti. Sarebbe però bastato analizzare i documenti della polizia e della magistratura per capire come ci fossero tutti gli elementi perché la violenza scoppiasse. Nizza è la città francese dalla quale è partito il numero di foreign fighters più alto d’Europa. Ben 100 ragazzi sono partiti da qui negli ultimi anni per unirsi alle compagini islamiste, soprattutto Isis, in Siria e Iraq. Nessuna altra città francese ha fornito così tanti jihadisti, calcolando che la Francia è il primo Paese europeo per numero di persone partite per combattere il jihad si può dire che Nizza sia la capitale europea di foreign fighters.

Che cosa ha portato all’esplosione dello jihadismo in questa città?

Le responsabilità sono innanzitutto politiche. Christian Estrosi, l’ex sindaco della città che ora è presidente regionale, si è strettamente legato a dei gruppi islamisti che, con il suo appoggio, si sono radicati molto profondamente. In modo particolare Estrosi sì è legato all’UOIF, un gruppo islamista riconosciuto dal ministero degli interni, che è l’espressione in Francia dei Fratelli Musulmani. A questo gruppo Estrosi ha concesso milioni di finanziamenti pubblici e immensi spazi in cui fare propaganda, tanto all’interno delle moschee quanto dei quartieri popolari. Loro, per contraccambiare, hanno pubblicamente invitato i musulmani a sostenerlo alle ultime elezioni e lo accolgono alle loro feste come ospite d’onore, come avvenuto in occasione della fine dell’ultimo Ramadan solo 10 giorni fa.

Eppure Estrosi è stato un sindaco eletto con la destra, dato che era membro dell’Ump, il partito di Sarkozy. In televisione ha più volte condannato l’immigrazione. Perché si sarebbe legato agli islamisti?

Per una questione di mere tattiche politiche. In primo luogo i musulmani portano voti. Su una popolazione nizzarda di 350mila persone gli islamici sono circa 60mila e rappresentano un bacino elettorale considerevole. Estrosi ha però fatto di più. Ha deciso di puntare sui musulmani più radicali e organizzati, sperando tramite loro di tenere a bada tutta la comunità. Ha favorito l’ascesa degli imam dell’UOIF perché mettessero da parte gli altri. Ha favorito l’egemonia di una parte degli islamici, quella più radicale, sugli altri per legarsi a loro e avere maggiore facilità nella loro gestione complessiva. L’UOIF è il gruppo più organizzato, i suoi imam hanno preso il controllo di molti quartieri musulmani e delle moschee della città con il benestare dell’amministrazione. Hanno aperto librerie, associazioni culturali e una propria scuola coranica. Oggi si stima che i Fratelli Musulmani controllino l’80 per cento delle 19 moschee di Nizza. Dove hanno per anni predicato una visione radicale e politica dell’Islam che ha contribuito a creare il clima che ha a sua volta portato all’attentato sulla Promenade.

Come ha reagito la popolazione di fronte a questa crescita dell’islamismo? E come pensa reagirà dopo questo attentato?

La gente vedeva il problema prima e oggi lo vede ancora di più. Le reazioni dei nizzardi sono molto più tranquille e meno stupite di quelle dei parigini perché da queste parti la gente è molto più legata alla propria identità e, vedendo l’avanzata dell’islamismo, già da prima si rendeva conto che tutto ciò avrebbe potuto portare all’esplosione della violenza. Le morti sulla Promenade hanno certamente colpito il popolo ma non lo hanno eccessivamente sorpreso. A Parigi è diverso. Parigi è una città ricca di persone progressiste che hanno creduto nel modello multiculturale e che di fronte agli attentati sono rimaste scioccate perché hanno visto con i loro occhi il fallimento delle loro speranze.

Se il popolo vedeva il problema perché non ci sono state reazioni forti contro l’islamismo prima che si arrivasse ai fatti di sangue?

Innanzitutto perché in molti hanno paura. Nei quartieri popolari ad altra presenza islamica il Front National fa il pieno di voti ma non ha quasi militanza. Perché? Perché la gente teme le rappresaglie dei vicini immigrati. Sanno di vivere in quegli stessi luoghi in cui si ricreano delle comunità parallele che sfociano nella criminalità e nell’islamismo violento. Non è un caso che quasi tutti i jihadisti, come anche l’attentatore della Promenade, abbiano un passato criminale. I francesi delle classi popolari lo vivono sulla propria pelle. Non possono ignorare che i propri figli a scuola siano i veri stranieri. Non possono negare che l’immigrazione massiccia porti all’islamismo, alla criminalità e all’aggressione della nostra identità.

Lei è stato eletto tra le file del Front National promettendo di invertire questa tendenza. Cosa è necessario fare adesso per combattere l’islamismo?

Bisogna immediatamente agire in due direzioni. La prima è di tipo politico, la seconda di tipo culturale. Dal punto di vista politico è necessario chiudere immediatamente tutte le moschee radicali e espellere dal territorio nazionale gli imam che vi predicano. E’ lì e non su internet che la maggior parte dei giovani si è radicalizzata. Poi è necessario privare della nazionalità francese chi compie atti di terrorismo, di modo da poterlo espellere. Questa proposta è stata fatta anche da Hollande ma mai messa in pratica a causa dell’opposizione interna della corrente di sinistra del suo partito. In terzo luogo vanno difese le frontiere. Il primo compito della politica è quello di garantire la sicurezza dei propri cittadini, se l’immigrazione porta a guerra e stragi allora dobbiamo bloccarla per evitare lo scoppio della belligeranza. E’ ormai appurato che i terroristi che hanno colpito Parigi e Bruxelles sfruttassero i flussi per spostarsi. Dobbiamo prendere atto che l’odierna immigrazione rappresenta un pericolo per i cittadini francesi e agire di conseguenza. Se le frontiere europee non esistono allora vanno serrate quelle francesi.

Cosa andrebbe fatto, invece, dal punto di vista culturale?

Bisogna rivedere i valori con cui è stato affrontato il fenomeno migratorio e identitario fino ad oggi. Uno dei primi valori che lo Stato francese ha fatto proprio è quello dell’assimilazione dei migranti all’interno della propria cultura. I fatti odierni mostrano più che mai che l’assimilazione non funziona se applicata ad intere popolazioni. Essa può funzionare solo se vi sia da parte di chi arriva la volontà di farsi assimilare, cosa che oggi le masse migratorie non hanno. E’ ormai risaputo che nelle banlieue la Francia è odiata, i giovani non si sentono francesi anche se in possesso del passaporto e sono soggetti ad una riaffermazione religiosa e identitaria che nella maggior parte dei casi si traduce in una radicalizzazione islamista. Quando si è giocata la finale degli europei le strade di Parigi si sono riempite di persone che, seppur in possesso della nazionalità, sventolavano bandiere algerine e tunisine rivendicando le proprie origini e cantando il disprezzo per il Paese in cui sono. Questi per me non sono francesi, sono invece il risultato di una profonda secessione sociale che fa sì che una parte della popolazione che vive sul territorio nazionale e ne ha la nazionalità dice di non essere francese.

Che cosa resta oggi, di fronte all’immigrazione e al terrorismo, dell’identità francese?

L’identità è il vero elemento chiave su si fonda tutta questa conflittualità. I giovani che colpiscono la Francia sono nati e cresciuti da noi, come lo è chi parte per la Siria. La Francia è un Paese produttore di jihadisti, una nazione che permette una secessione sociale al suo interno che è il miglior serbatoio per i terroristi. Se vogliamo sviluppare delle politiche di accoglienza dobbiamo offrire un’identità forte, fare capire a chi arriva che sul territorio esiste già una società, che vi vive un popolo fiero e consapevole della propria identità, che vigono leggi certe che regolano la vita comunitaria. Chi arriva deve avere subito la sensazione che queste leggi siano l'espressione di una cultura e di valori francesi che qui vanno rispettati e promossi.

Non si tratta di mettere in concorrenza valori diversi, ma di far capire quali sono quelli francesi. E' leggittimo coprirsi il capo con un velo come è legittimo costruire grandi moschee in Paesi in cui ciò sia l'espressione della propria cultura. Ma va capito che tra questi Paesi non rientra la Francia.

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