C’è il video di un soldato russo legato come un capretto, con gli occhi bendati e le mani legate dietro la schiena. Un carro colmo di cadaveri ucraini in putrefazione. Teste spappolate. Corpi carbonizzati. Distese di fosse comuni. Cadaveri sbranati dai cani, lasciati lì come costolette d’agnello mezze mangiucchiate. Ossa spolpate. Crani maciullati. Occhi fuori dalle orbite o strappati dagli uccelli. E sangue, sangue ovunque. Se dovessimo sintetizzare questa galleria degli orrori, la chiameremmo una “fossa comune” online. Una sorta di calderone di cadaveri, il luogo virtuale dove stanno confluendo tutti i volti, le storie, gli occhi senza vita dei soldati russi e ucraini caduti sul campo di battaglia.
Le immagini dell'orrore
Si è detto spesso che questa guerra, iniziata il 24 febbraio con l’invasione russa, è uno dei conflitti più “coperti” della storia. Merito dei tanti cronisti al fronte, ovviamente. Ma anche e soprattutto della diffusione dei cellulari: ogni smartphone è un possibile testimone. Registra le carcasse dei tank abbattuti diventati la tomba ardente dei soldati. Oppure può essere utile per farsi un selfie con l’invasore di turno, spedito da Putin a morire nell’anonimato. Il generale Tricarico, vedendo le foto dei cadaveri dei militari russi accatastati nei freezer, ha definito la guerra in corso come un conflitto “primordiale” in cui ci si dimentica anche dei propri caduti. O forse, una guerra dove gli orrori - che sono sempre esistiti - vengono banalmente registrati, diffusi, verificati e infine resi noti al pubblico.
Le "spie" in rete
A muoversi in questo cruda melma sono ovviamente le intelligence di tutto il mondo. Ma ci sono anche i cosiddetti Osint, termine che sta per “Open Source Intelligence”, ovvero smanettoni amatoriali che usano le fonti aperte per raccogliere e diffondere notizie, foto e video dai fronti di guerra. Matthew Moran, professore di sicurezza internazionale al King’s College di Londra, descrive questo fenomeno come il lavoro svolto da chi “raccoglie, monitora e analizza informazioni pubblicamente accessibili utilizzando metodi e strumenti specializzati”. Immagini satellitari, geolocalizzazione, analisi grafica, intercettazioni radio. In pratica, fanno il lavoro delle spie, o dell’intelligence, ma senza essere legati a organizzazioni statali. Basta avere una connessione internet e il gioco è fatto.
Il caso più eclatante è sicuramente quello di Bellingcat, che nella guerra russo-ucraina ha ricostruito le “bugie” della Russia sul massacro di Bucha analizzando video, foto satellitari e notizie. Ma non è l’unico caso. Si pensi ai video su Tik Tok che mostravano i movimenti delle truppe russe al confine con l’Ucraina. Oppure ai video di Telegram e alle foto satellitari che hanno svelato l’avanzata di Mosca sul campo. O ai filmati che proverebbero i crimini di guerra. Qualcuno è addirittura riuscito a intercettare trasmissioni radio non crittografate. Per dirla con Moran, questi analisti o investigatori si muovono “come un cercatore d'oro, che setaccia attentamente il fango informativo di Internet alla ricerca” di informazioni preziose per ricostruire gli eventi. Bellingcat ha anche redatto una “guida” per spiegare come diventare un investigatore open source. Facile.
Il gusto per la violenza
Partiamo da una premessa. Dopo aver visionato migliaia di filmati e fotografie, molte delle quali rivoltanti, in redazione ci siamo chiesti se fosse il caso di pubblicare alcuni dei contenuti. Ma soprattutto se rivelare o meno il nome delle chat Telegram su cui abbiamo focalizzato la nostra inchiesta. Abbiamo scelto alla fine di conservare in archivio le immagini, perché eccessivamente drammatiche (pur sempre di persone uccise si parla). E di non fare pubblicità gratuita a canali che vivono di questi orrori, per non portare loro ulteriore traffico.
Perché il problema è che ogni medaglia ha anche il suo rovescio. In questo caso sono due. Primo: non solo i “buoni” fanno uso di questi strumenti: frotte di account russi si muovono nel mare magnum della Rete allo stesso modo degli ucraini. Secondo, a volte il rischio è che attività nate con lodevoli intenti si trasformino in qualcosa di più. O di peggio. Prendiamo ad esempio due account Telegram sul fronte ucraino: D.r.s. e S. Il primo è un calderone di foto di soldati russi trucidati, in alcuni casi con i passaporti o i documenti di identità, per tenere un elenco dei nemici ammazzati. Anche il ministero della difesa di Kiev sta realizzando un archivio simile, pubblicato addirittura in un sito internet ad uso delle madri russe che volessero cercare notizie dei propri figli. Il secondo, invece, è un caso particolare. E interessante.
Il più macabro dei canali Telegram
Il fondatore di S., che ha accettato di parlare col Giornale.it dietro anonimato, inizia a interessarsi di open source intelligence dopo il caso WikiLeaks nel 2010, quando venne rivelato il filmato di un elicottero americano mentre faceva fuoco sui civili. Poi nel 2014 il salto di qualità: S. si mette a lavorare sulla guerra siriana e sull’invasione russa della Crimea. Alla fine del 2021 intravede i primi spostamenti delle truppe di Putin al confine con l’Ucraina e capisce di “dover dedicare una pagina specifica a questa guerra”. Inizialmente S. si limita a pubblicare su Twitter notizie e geolocalizzazioni, compresi video e foto, con “l’obiettivo di coprire a fondo la guerra”. Poi a un certo punto, dopo la strage di Bucha, decide “che non bastava”. “Non riuscivo a sopportare più di trattare i russi come esseri umani - dice - E così ho iniziato a condividere le foto dei loro soldati morti”. Oggi ha accumulato quasi mille file di immagini e decine di video. Ognuno di essi è la fotografia dell’orrore, che S. condivide con i suoi 3mila follower prendendosi gioco delle vittime. Lo seguono media televisivi, agenzie di intelligence, giornalisti più o meno famosi. Si tratta senza ombra di dubbio di uno dei canali più macabri in circolazione. Nessuna censura, e la scelta di utilizzare Telegram non è casuale: si tratta dell’unico social che, di fatto, non pone quasi alcun limite. “Non copro né offusco i volti dei cadaveri, perché altrimenti tornerebbero ad essere solo una statistica. Voglio invece provocare una vera risposta emotiva nel vedere un gruppo di russi morti”. Del milione di visualizzazioni fatte dal suo canale, il 2% almeno vengono dalla Russia. Qualcuno, è sicuro, lo avrà raggiunto.
"Paralizzare il morale dei russi"
L’obiettivo di S., così come quello di altri Osint, è chiaro. “Voglio mostrare al mondo le perdite che la Russia sta subendo. La mia speranza è che il mio lavoro impedisca ai russi di diventare soldati. Voglio che vedano le conseguenze delle loro azioni. Voglio che si sentano in colpa per i crimini che hanno commesso”. Altri Osint o canali si limitano a condividere i nomi e le foto, da vivi, dei militari uccisi. S. invece lavora coi cadaveri. E anche se è impossibile, per noi, verificare che tutti i contenuti arrivino davvero dall'Ucraina, è di per sé un fatto che facendo leva su queste immagini si stia cercando di combattere una parte della battaglia. “Credo che questo aiuterà la guerra psicologica contro la Russia e aiuterà a paralizzare il morale dei soldati russi”. Mestiere complicato, il suo. “Per verificare le immagini mi baso sulle uniformi, sugli equipaggiamenti e sui luoghi operativi dei russi. Inoltre geo-localizzo i luoghi utilizzando informazioni geo-spaziali e dettagli contenuti nei video”. Una volta raccolto il materiale, lo condivide coi i follower e grazie ad una fonte anonima invia il tutto a VKontakte (il Facebook russo) per raggiungere le famiglie dei soldati caduti.
È giusto "giocare" coi cadaveri?
Al netto del nobile scopo per cui combatte, i contenuti condivisi da S., tuttavia, sono file di cui, in teoria, non dovremmo andare fieri. Un video viene indicato come il “tutorial” per uccidere un russo. In un altro si vede un soldato ucraino giocare con la gamba mozza di un soldato avversario: prima gli fa il “solletico” e poi la usa come stampella. Un altro ancora mostra l’esplosione in diretta di un militare di Putin. Un terzo, impossibile da verificare, riprende un uomo che stacca con una mannaia la testa del nemico e poi la mostra felice verso l'obiettivo dopo avergli infilato una bandiera in bocca. Come se non bastesse, c'è anche chi pianta il proprio coltellino - come fosse Excalibur - nell'orbita oculare di un soldato. Si spera già morto.
In questo gioco all'orrore, ogni cadavere viene indicato come “cold boy”, ragazzo freddo. Se il soldato russo è morto carbonizzato, viene soprannominato “barbecue boy”. Se catturato, “bondage boy”. Perché? Sono invasori e forse criminali di guerra, ma pur sempre di uomini senza vita si tratta. Ha senso prendersi gioco di loro? “Quando compi atti così vili contro l'umanità, allora non hai fatto ciò che credo sia necessario nella tua vita per essere rispettato dopo che sei morto”, dice S. “Alcune persone devono togliersi i guanti e insanguinarsi le mani, ma è tutto in nome della pulizia del mondo. Se ignoriamo le atrocità che si sono verificate, lasceremo semplicemente che accadano di nuovo”.
I canali telegram dei russi
In realtà la convenzione di Ginevra obbliga al rispetto del nemico “in ogni forma”, dunque anche il vilipendio di un cadavere potrebbe diventare un crimine di guerra. Per dire: nemmeno Bucha giustifica quel soldato ucraino che fa pipì sul cadavere di un russo e si riprende festante. E forse neppure i corpi disposti a forma di Z sull'asfalto. Il rischio che tutta questa documentazione possa "portare ad accusare l’Ucraina di violare le leggi sul trattamento dei prigionieri” c'è. S. lo sa. Ma i russi fanno pure di peggio. "Per ogni crimine di guerra ucraino vedo più di 20 crimini di guerra russi. Non è nemmeno paragonabile”, assicura S. I fatti di Bucha parlano chiaro. Le bombe sui civili pure. Ma anche il canale D. u. s., gestito da russi, è pieno di atrocità: cadaveri denudati, nemici bruciati, corpi buttati nei cesti dell’immondizia. E ancora: cataste di cadaveri di Azov esposti al pubblico ludibrio, le foto dei nemici deceduti commentate con un sarcastico “zzz” ed espressioni compiaciute tipo “un altro nazista ucraino liquidato”. Ogni foto di un soldato di Kiev ucciso viene corredato con la emoticon di un maiale. Lo stesso si vede in altri numerosi canali Telegram, come I.s. “Ogni singolo esercito del mondo ha commesso un crimine di guerra a un certo punto - fa notare S. - L'Ucraina potrebbe aver aver fatto lo stesso durante questo conflitto, ma in genere si tratta di situazioni una tantum. La Russia, invece, sta commettendo sistematicamente crimini di guerra in ogni singola città e villaggio in cui entra”.
La domanda è: tutto questo serve? Se lo si osserva dal lato ucraino, forse sì. James Rushton, analista britannico, fa un paragone con i campi di concentramento nazisti: “Se nessuno avesse scattato una foto, la gente ci crederebbe?”. Inoltre c’è anche una questione legale: condividere e ricostruire i dettagli di un filmato o di una foto, a volte, può permettere poi alle autorità di punire eventuali crimini di guerra. Lo stesso vale per i soldati russi morti in combattimento: se non ci fossero le immagini a testimoniarlo, forse oggi Putin potrebbe “rivendicare” di aver perso meno uomini di quanti in realtà ne ha mandati a morire.
Osservato dal lato russo, invece, la condivisione dei corpi dei miliziani di Azov uccisi ha in fondo la stessa funzione: sollevare il morale di chi combatte, facendogli credere che non lo sta facendo inutilmente. “I russi avanzano, i nazisti muoiono”.È macabro, ma è la guerra. In tutta la sua atrocità.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.