Montezemolo-Calderoli, scintille tra motori e politica

Roma Ci può essere qualcosa di peggio di buttar via un mondiale di Formula Uno all’ultima gara con una strategia di gara da go kart balneare? Sì: doversi sorbire dopo la delusione sportiva la polemica politica. Possibile, quando il presidente della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo, è il leader in pectore di una possibile «gamba» del polo antiberlusconiano alle probabili elezioni, invocato proprio ieri come messia addirittura da Massimo Cacciari. Possibile, anzi quasi certo, quando tra i tifosi della scuderia rossa ci sono esponenti della Lega che, si sa, non hanno tra le loro virtù cardinali quella di temperare i concetti e di dosare le parole.
La polemica era scoppiata a caldo domenica, quando dopo il settimo posto di Fernando Alonso al Gran Premio di Abu Dhabi che ha consegnato la corona iridata alla Red Bull di Vettel, Roberto Calderoli, ministro per la Semplificazione, aveva interpretato il malcontento di milioni di italiani invocando la testa del responsabile numero uno del pasticcio arabo. «Montezemolo se ne vada subito da Maranello, eviti di fare altri danni alla Rossa che tutti abbiamo nel cuore», la fatwa di Calderoli, presto supportato dal compagno di partito Roberto Castelli. Parole da innamorati del Cavallino ma anche, senza dubbio, da esponenti della maggioranza in odore di crisi di governo e di elezioni.
Poi, ieri, la querelle rossa è proseguita. Innanzitutto con la difesa d’ufficio - non certo disinteressata - dell’amministratore delegato Fiat Sergio Marchionne, che parla di «battute sarcastiche del tutto ingenerose e offensive». La Ferrari, fa notare Marchionne, «rappresenta nel mondo il meglio della tecnologia italiana. Le sue vetture sono considerate ovunque il simbolo di una Italia all’avanguardia. E il risultato di ieri (domenica, ndr) non mette in discussione questi valori».
Poche ore ed ecco finalmente la replica di Montezemolo. Prima di lui si fanno vivi i suoi accoliti della fondazione Italiafutura, che mettono in rete una vignetta in cui un Calderoli stordito dialoga con una voce fuori campo. «Montezemolo deve dimettersi per avere fatto arrivare la Ferrari solo terza al mondiale di Formula Uno». «Tu dici che è peggio dell’essere buttati fuori a metà gara facendo cento giri di vantaggio?». «Non l’ho capita, semplificala». «Sei un co... glio...». «uhm... Compro una vocale...». Poi ecco Montezemolo in persona. Una vocina dapprima flebile la sua («parliamo di cose serie...», sembra glissare), che si fa poi impermalosita e tagliente: «Quando lo statista Calderoli nella sua vita avrà realizzato l’1 per cento di quanto fatto in questi anni dalla Ferrari per il Paese in termini industriali e sportivi, a quel punto meriterà una risposta». Addirittura.
Calderoli non attende altro: «Se Montezemolo intende fare politica - è la sfida del ministro semplificatore - allora scenda in campo ufficialmente, senza nascondersi dietro il paravento delle fondazioni, e vedremo se raggiungerà almeno l’1 per cento dei consensi elettorali...». A Montezemolo Calderoli propone l’esempio di Lippi che «dopo aver fallito ai Mondiali di calcio si è messo da parte con grande senso di responsabilità».

Chiude il caso John Elkann, presidente della Fiat: «Sono sicuro che il presidente Luca di Montezemolo e tutte le persone che lavorano per la Ferrari stanno già pensando alla prossima stagione». O alle prossime elezioni?

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