«La morte di Elvis è colpa dei gelati»

James Burton, chi era costui? Semplicemente il chitarrista più ambito nella storia del rock. Esagerazioni? Eppure lui ha detto «no grazie» a Dylan che lo voleva con sé in tour; ha detto «sono impegnato con Sinatra» a Elvis Presley che lo voleva per il suo grande ritorno in tv nel ’68. Ha suonato con tutti, dai Jackson Five a Ray Charles, da Ricky Nelson a Eric Clapton ma soprattutto, dal ’69, è diventato il chitarrista ufficiale di Elvis dai faraonici concerti di Las Vegas alla morte del re. Da solista ha inciso pochi dischi - non ama apparire - ma ora ne sta preparando uno e soprattutto non smette di fare concerti; la settimana scorsa è stato la stella del Crossroads Festival di Eric Clapton e il 31 luglio aprirà a Senigallia il Summer Jamboree Festival, la nove giorni dedicate al r’n’r e al rockabilly famosa in tutto il mondo (fra l’altro c’è l’unico show italiano di Chuck Berry).
Lei è il maestro della chitarra che disse no a Elvis.
«Elvis mi telefonò personalmente, mi voleva al suo fianco in tv per il suo ritorno in grande stile. Ci avrebbe visti tutta l’America, ma io ero in studio con Sinatra e gli ho detto: mi dispiace, sarò libero l’anno prossimo».
E lui?
«Ha chiamato l’anno dopo e sono diventato il suo chitarrista per sempre. La prima sera, mentre eseguiva Jailhouse Rock, mi si avvicinò e mi gridò “Play It James” invocando il mio assolo. Da allora quella gag è diventata il nostro marchio di fabbrica ed è entrata nei libri di storia».
Ma Elvis era già in calo nel periodo di Las Vegas.
«Elvis non ha inventato il rock ma ne ha cambiato i canoni e le assicuro che a Las Vegas era sempre il miglior entertainer sulla piazza: la voce era fantastica e il suo sex appeal incredibile. Le signore impazzivano gettando mutandine e chiavi delle camere d’albergo sul palco».
Era già grasso e affaticato: cos’ha rovinato Elvis?
«Non la droga, siamo stati assieme per anni e non ne ha mai presa. Nixon lo nominò agente onorario dell’antidroga perché era pulito. Sa cosa l’ha fregato? Il gelato. Ne mangiava quantità industriali. E quando è ingrassato troppo ha preso pillole per dimagrire velocemente e il fisico non ha retto».
Come Michael Jackson.
«Ho suonato nei dischi dei Jackson 5 quando Michael era bambino. Ho trovato grosse affinità tra lui ed Elvis: due angeli trasformati in diavoli dal business».
I veri fan del rock ad un certo punto hanno mollato Elvis.
«Lui ha mollato loro. Il rock è morto perché dopo Elvis non aveva più nulla da dire, e il suo nuovo obiettivo fu quello di diventare una star della canzone d’autore, come Sinatra».
Uno agli antipodi di Elvis.
«Anche Frank era un ribelle, anche se odiava i capelloni. Con Glenn Miller è stato il primo a provocare l’isteria collettiva dei fan ed era un gran playboy».
Qualcuno dice che Elvis non sia morto.
«È ancora dura da accettare anche per me. Faccio spesso un sogno: Elvis coi lunghi capelli argentati che mi dice: “Ho preso una pausa ma ora torno perché mi manca troppo il rock, aspettami James”. So che è un sogno, ma è così reale...»
Lei è un po’ troppo indulgente con Elvis.
«Sono sincero. Alla gente piace vedere il marcio ovunque, ma Elvis era un bravo ragazzo. Così come John Denver e Gram Parsons, due superstar country che hanno superato droga e alcool per morire l’uno investito da un’auto, l’altro precipitando con il suo aereo. Chi scrive brani come i loro è troppo sensibile e soccombe. C’è chi resiste fino all’ultimo come Johnny Cash che il sabato sera diventava una furia, ne faceva di tutti i colori poi la domenica andava in chiesa per redimersi e scriveva quelle splendide canzoni così umane e così violente».
Lei come divenne famoso?
«A 15 anni suonavo con Ricky Nelson, un grande del primo rock. Poi suonai il giro di chitarra di Suzie Q (entrata nella R’n’r Hall of Fame come una delle 500 canzoni che hanno fatto il rock, ndr) e da lì tutti mi hanno voluto. In molte città accanto alla statua di Elvis c’è la mia, questo mi ripaga di tutto».


Insomma lei è un virtuoso della chitarra, uno che non trasgredisce e un filantropo: non è il curriculum di un pioniere del rock.
«Ma il mondo del rock non era mica l’inferno, o forse lo era per i benpensanti ma in realtà era il paradiso dei ragazzini».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica