Le mosse del Carroccio, Bossi assolve Maroni "Ci siamo chiariti". Ma il vero test sarà oggi

Il Senatùr: "Ha fatto una cosa sbagliata, poi però mi ha dato risposte positive". Decisiva la segreteria politica in via Bellerio. Al centro del vertice ci sarà la manovra fiscale e il decreto sui rifiuti. E al raduno della Lega la fune si spezza: guarda il video

Le mosse del Carroccio, Bossi assolve Maroni 
"Ci siamo chiariti". Ma il vero test sarà oggi

Roma La fune che si spezza e fa cascare pesantemente una trentina di leghisti (tra cui qualche colonnello) «è un monito per Berlusconi», dice Bossi, ma sembra un oscuro messaggio al Carroccio stesso. Una domenica sul fiume, con mezzo stato maggiore leghista, in un forzato clima di relax dopo una settimana di nervi tesissimi. Parole di pace, «Bossi è il nostro grande leader» (Cota), «dobbiamo cambiare marcia, dobbiamo restare uniti» (Giorgetti), «domani (oggi, ndr) ragioneremo in modo assolutamente sereno» (Reguzzoni), che sembrano segnare una tregua.

Bossi si è sentito con Maroni, «ha fatto una cosa sbagliata, ha firmato per il capogruppo: è il segretario che indica il capogruppo, perché è a lui che risponde, ma ci siamo chiariti, gli ho fatto alcune domande e mi ha dato risposte abbastanza positive». Allora non era a Maroni che Bossi si riferiva quando a Magenta, la sera prima, aveva minacciato di «cacciare chi fa casino», anche «nomi importanti». Tutti avevano pensato al Bobo, che si era fatto portavoce degli anti-cerchio magico della Lega, in particolare al gruppo della Camera, deciso a rinnovare il capogruppo «licenziando» Reguzzoni. Bossi ha bloccato l’operazione, guidata appunto da Maroni (che è anche deputato), scatenando l’ira dei maroniani e quindi la contro-reazione del capo. Tutto rientrato? Strano, ma con Bossi tutto è possibile. Oggi nel quartier generale ci sarà la prova del nove. La segreteria politica, che riunisce i segretari nazionali (Cota, Giorgetti, Gobbo), i colonnelli, i veneti come Zaia, insomma tutti gli ufficiali della Lega, era prevista da tempo. L’ordine del giorno ufficiale è la manovra fiscale e il decreto rifiuti, ma il vertice sarà in buona parte una verifica interna dopo le scazzottate dei giorni scorsi. Maroni parlerà col capo, lo faranno anche Cota e Calderoli, si proverà a trovare un punto di raccordo tra posizioni molto diverse.

C’è il timore che però qualche testa, a questo punto, sia destinata a rotolare già dal piano nobile, il secondo (quello della segreteria di partito), di via Bellerio. Qualche maroniano, nelle scorse ore, ha ricordato la richiesta di dimissioni di Maroni, fatta una decina d’anni fa, in circostanze diverse ma dagli stessi che ora lo combattono (Reguzzoni, con Longoni attualmente consigliere regionale lombardo). Che il capo stia pensando ad una misura drastica per Bobo, suo compagno d’armi fin dagli inizi? Molto difficile. Anche perché aprirebbe davvero le ostilità, una lotta senza quartiere. Forse allora è un’altra la testa che dev’essere tagliata. Ma non va cercata nel cerchio magico, che da Bossi ha avuto molte conferme ultimamente. «Io non vedo una grossa situazione all’interno della Lega, vedo gente che agisce in maniera secondo me poco responsabile, ma non mi pare una cosa importante - ha detto Bossi, senza far capire di chi parli -. L’importante è la base, che io ascolto sempre». Se glielo chiede la base, lui è «disposto sempre a fare i congressi», in Lombardia e in Veneto, come chiedono i colonnelli, forti dei numeri.

Maroni e Calderoli sono tranquilli, un po’ meno i bergamaschi che hanno dovuto ascoltare da Bossi che i deputati «volevano mettere un capogruppo che non è esperto, non avrei dormito la notte». Il «poco esperto» sarebbe il bergamasco Giacomo Stucchi, che però alla quarta legislatura... Ma Bossi parlava «in generale», cioè parlava per mettere in chiaro che comanda lui e gli altri non devono fare troppo casino. Per la legge bossiana per cui dopo la bastonata arriva la carezza, in via Bellerio potrebbe essere ratificata la successione prossima del capogruppo (appena Reguzzoni troverà posto nel governo come ministro o viceministro).

Anche i congressi potrebbero essere accettati da Bossi, se ascolta la base. L’ipotesi più cruenta è il commissariamento immediato della Lombardia. L’azione più radicale, che rovinerebbe la pace trovata sul fiume. Ma con Bossi tutto è possibile.

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