La mostra che inganna lo sguardo

L’impatto - visivo ed emozionale - è fortissimo ma ingannevole: lo sguardo, vittima di un vero e proprio coup de foudre, resta soggiogato da una nube improvvisa di rosso e, seppur per un attimo, non riesce a distinguerne gli infiniti dettagli, che si precisano solo in un secondo momento. La percezione cede il passo alla razionalità, al desiderio di scrutare e comprendere genesi e umori di queste inedite strutture, chiamate sinteticamente «Red Pixel» dalla loro ideatrice, Margherita Levo Rosenberg, cui è dedicata una mostra - curata da Salvatore Galliani - che inaugura oggi alla Galleria Ghiglione (Piazza San Matteo 6B r., fino al 20 giugno).
Nove le opere esposte, legate dalla stessa intensità lirica e progettuale e scandite dai versi di un breve componimento steso dalla stessa Rosenberg, che segna l'incipit del catalogo edito per l'occasione, con un testo critico di Ettore Bonessio di Terzet.
Il legame tra pensiero, verbo e azione è d'altronde sempre stato presente nella ricerca dell'artista, insieme alla necessità di sperimentare medium espressivi differenti. Dall'acquarello all'acrilico fino al collage, per approdare al prelievo tout court di materiali figli della quotidianità - fogli di giornale, vetro, plexiglass e lastre radiografiche - atti a comporre simboliche, argute e spesso ironiche epifanie, per condurre sullo scosceso sentiero della riflessione.
I «Red Pixel» costituiscono l'ultimo atto di una ricerca che proprio nella diversità, nella sperimentazione e nella tensione afferma la propria identità e ragione di essere.
Le opere esposte alla Galleria Ghiglione si collocano in limine fra pittura, scultura e installazione: su grandi e rassicuranti forme geometriche di plastica sono stati montati, con certosina precisione, migliaia di piccoli coni di acetato, che sfondano la bidimensionalità del supporto frangendosi nella luce e nello spazio. Sono di un rosso intenso e cangiante, irreale e spiazzante in virtù della propria natura chimica ma per questo più vicino alla dimensione onirica, alla percezione e alle sensazioni contrastanti che questo colore evoca. L'aggetto dei piccoli e fitti coni di acetato permette di svelarne l'ulteriore natura di segno. Ogni opera, anche se di uguale struttura, presenta all'interno dei coni che la compongono una particolare immagine, ripetuta serialmente. Una silhouette sintetica e precisa, che è stata campionata come una sottile membrana all'interno di ciascun cono. Queste piccole e sfuggenti apparizioni donano alle opere un diverso equilibrio tonale e, soprattutto, una propria identità comunicativa: ogni «Red Pixel» custodisce una diversa evocazione, un insieme di linee che precisano i confini di un'immagine - più o meno riconoscibile - o di un breve inciso. Questo complesso poema visivo è composto da un lessico essenziale, ove fanno capolino forme familiari che, una volta decontestualizzate e investite di nuovi significati, concorrono alla creazione di un messaggio concettuale ed emozionale inedito.


Parola, immagine, segno e relazione, trovano in questi ultimi lavori della Rosenberg completa espressione: ogni opera ha un autonomo statuto indicale che si completa nel desiderio comunicativo con le altre, di cui costituisce un elemento indispensabile.

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