Mozzarella, olive e anche pesce Sembrano italiani ma non lo sono

Enza Cusmai

Da prodotti esotici a prodotti tipici. Il passo è breve. Basta una confezione evocativa con disegno del Bel Paese in bella vista e una buona organizzazione malavitosa alle spalle che sappia manipolare etichette di origine per trasformare prodotti di scadente qualità in nostrani e genuini. Ovviamente molto più cari.
Il fenomeno ormai è tutt’altro che marginale. A tal punto che il 2009 si potrebbe battezzare l’anno delle contraffazioni. Dove si è manipolato ogni genere di prodotto alimentare. Alcune volte mettendo a rischio la salute dei consumatori, altre la loro buona fede. I Nas hanno sequestrato persino il pane fatto con farine diverse da quelle specificate nell’etichetta. Ma anche olio di semi spacciato per extravergine d’oliva e tartufi cinesi con l’etichetta del made in Italy.
Per non parlare di carni contraffatte, marmellate, succhi e pomodori di terza categoria rispetto al marchio di primissima qualità. L’ultimo blitz è datato 30 dicembre: è stata sequestrata a Palermo una tonnellata di gamberoni congelati prima che finisse sulle tavole degli italiani. I compratori ignari li avrebbero acquistati come appena pescati per gustarli a carissimo prezzo per le feste di fine anno.
Ma durante il cenone chissà cosa abbiamo mangiato. La cena più costosa dell’anno potrebbe essere stata un’illusione. Potremmo, per esempio, aver mangiato vongole vietnamite anziché quelle veraci, tartufo cinese e non quello d’Alba, falsi salumi dop al posto del Culatello o del prosciutto di Parma, e persino carni contraffatte. Ma abbiamo cambiato anno ed è ora che anche a tavola si tengano gli occhi ben aperti. Così pure al mercato, dove non è facile capire cosa si compra e da chi.
Il caso pugliese fa scuola. Nel giro di tre mesi i carabinieri hanno sequestrato solo a Bari circa 21 tonnellate di prodotti alimentari non in regola per un valore complessivo stimato in 562mila euro. Ormai finiscono sulle bancarelle dei mercati cittadini o magari in una bella confezione con l’etichetta ingentilita dalla fotografia di un trullo che fa tanto Puglia, ma in realtà vengono dall’altra parte del mondo: si tratta di carrellate di pesce e altri prodotti ittici, per non parlare di funghetti, olio, mozzarelle, olive, persino aglio, oltre a ingenti quantità di verdure varie che costantemente approdano a Bari e dintorni dall’Asia più remota, Cina e Vietnam in prima fila.
La chiamano «agropirateria» o «contraffazione alimentare»: in poche parole è una truffa in grande stile che muove un colossale giro di denaro e che nei giorni delle feste inevitabilmente ha fatturato milioni di euro, un affarone destinato a disgustare i palati dei malcapitati consumatori ma a stuzzicare gli appetiti delle grandi organizzazioni criminali internazionali che lasciano ben poco al caso rifilando patacche alimentari a milioni di italiani. Insomma, non si tratterebbe di un raggiro più o meno improvvisato da commercianti senza scrupoli, ma di un business illecito a tutti gli effetti. E il sospetto è che all’origine di questi movimenti di merci ci sia la mafia asiatica, comprese le temibili Triadi cinesi.
Intanto, nei porti di Bari, Taranto e Brindisi continua a sbarcare un po’ di tutto. Un tempo da queste parti approdavano motoscafi imbottiti di sigarette provenienti dai Balcani. Adesso invece è la volta di funghi e polpi cinesi, vongole vietnamite, olio d’oliva proveniente da chissà dove e altre svariate presunte specialità che attraversano il mondo nei container imbarcati sui mercantili. E la truffa continua ad essere servita senza sosta e trova terreno fertile in particolare nel periodo delle feste. Tra i piatti forti dei prodotti tipici-patacca c’è il pesce. E capita che, al posto di una sogliola, a tavola possa trovare posto il pangasio, cioè tutt’altra roba visto che proviene dal Sud-Est asiatico, vive nel fiume Mekong e nei suoi affluenti, fa parte della famiglia dei pesci-gatto ed è allevato in Vietnam. Lo pagano 35 euro al chilo quando il prezzo al dettaglio non supera i cinque euro. Stesso discorso per lo squalo venduto al posto del pregiato pescespada e persino per i polpi, ai quali viene regalata una facciata di freschezza con speciali strumenti noti come «agitatori» in modo da smerciarli come prodotti locali e appena pescati. Ma non è tutto, perché i grandi burattinai del traffico alimentare spediscono da un continente all’altro anche i funghetti «shiitake» rigorosamente made in China: tempo fa gli ispettori ministeriali ne sequestrarono a Bari un bel po’, 3.500 barattoli con l’etichetta rassicurante di «cardoncelli pugliesi». Una confezione destinata ai turisti di passaggio che decidono di portarsi a casa un souvenir alimentare.
Ma non c’è solo la Puglia nel mirino dei pataccari. Nessuna regione si salva dal giro di affari del mercato «alternativo». E i sequestri sono quasi quotidiani in moltissime città del Nord e del Sud per evitare che truffatori mettano in commercio prodotti più scadenti spacciati per altri più costosi con estrema disinvoltura.
Come è avvenuto per i bianchetti. A Genova ne vennero sequestrati diversi chili da una bancarella. A suon di decine di euro venivano venduti pesciolini di acqua dolce importati dalla Cina a pochi spiccioli. Il guadagno è grande e il commerciante si guarda bene da spiegare all’acquirente la differenza di prodotto. Ma le truffe nel piatto coinvolgono tantissime altre specie di pesci. Come i gamberi del Cile che vengono venduti come nostrani, il filetto di pesce palla (tossico e non commestibile) al posto della rana pescatrice, la modesta anguilla al posto del più pregiato capitone, le passere di mare spacciate per sogliole, il pesce bandiera in sostituzione delle spigole, il totano al posto del calamaro, l’astice americano spacciato per nostrano, lo squalo al posto anche del palombo.
Non parliamo del baccalà, sostituito regolarmente con il merluzzo carbonaro, meno pregiato e costoso uguale. Oppure con dei pesci dai nomi sconosciuti: eglesino, molva, brosme, pollack dell’Alaska.
Neppure chi si illude di spendere centinaia di euro per mangiar bene è esente da rischi. I cultori del tartufo, per esempio. Acquistano un tartufo profumato e si illudono di gustare una prelibatezza del made in Italy. In realtà può essere stato importato dalla Cina e poi mimetizzato tra quelli nostrani da cui assorbe lo stesso particolare odore ma non lo stesso sapore.
E la truffa si scopre solo a tavola. Come avviene quando si gusta una fetta di prosciutto di Parma e si scopre che l’odore prima che il sapore non è neppure cugino del nobile affettato. Infatti, quello di Parma è il più contraffatto al mondo. Timbri falsi trasformano un modesto prosciutto in quello più nobile. Ma c’è di peggio.

Alcuni pezzi provenienti dall’Olanda inquinati da diossina e inviati all’inceneritore di Parma, sono stati intercettati e rimessi in commercio. Per fortuna, la truffa è stata scoperta dai Nas prima che arrivassero nei negozi. Per il sollievo dei cultori degli affettati.

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