Muore in ospedale, processo a rischio: la perizia arriva solo dopo 4 anni

Vittima un 62enne deceduto in una clinica di Castellanza. La consulenza doveva essere pronta in due mesi, l'inchiesta ha sfiorato la prescrizione. Ma il gip si è opposto all'archiviazione

Dovevano bastare due mesi, ce ne sono voluti 48. Solo dopo 4 anni, infatti, il medico legale si è deciso a depositare la consulenza sulle cause della morte di un uomo in ospedale, nonostante avrebbe dovuto portare a termine l'incarico in 60 giorni. Il ritardo, a fronte della sostanziale inerzia della Procura di Busto Arsizio, ha determinato la prescrizione dell'ipotesi di cooperazione in omicidio colposo a carico del medico. Risultato, il pm a marzo ha chiesto l'archiviazione dell'inchiesta e la vedova, non ottenendo giustizia, si è appellata alla Corte europea dei diritti dell'uomo per l'ingiustificata durata del procedimento. Oggi, però, il gip di Busto Arsizio Patrizia Nobile ha rigettato la richiesta del pm e ha disposto un supplemenento della consulenza medica, interrompendo i termini di prescrizione e dando una scadenza perentoria al nuovo nuovo perito. È quanto si apprende dal nuovo legale della vedova, l'avvocato Ernesto Tangari, che lo scorso 10 marzo denunciava l'«evidentissima responsabilità omissiva» del consulente e dei pm che si sono succeduti nel fascicolo. Fatti oggetto del ricorso depositato lo scorso 19 gennaio alla Corte europea risalgono al 2004, quando la Procura di Busto Arsizio è stata incaricata di verificare le cause del decesso di un 62enne avvenuto per rottura dell'arco aortico il 17 maggio all'istituto clinico Mater Domini di Castellanza.

L'anziano era stato ricoverato una settimana prima per un flutter, ma era uscito morto dalla struttura. Per questo la vedova a luglio aveva presentato querela ai carabinieri. L'inchiesta è stata formalmente aperta dalla Procura il 4 agosto 2004, spiega in una memoria Tangari, nominato dalla vedova dopo aver deciso di rimettere il mandato al precedente avvocato. L'ipotesi era di cooperazione in omicidio colposo a carico di un medico. E qui sono cominciati gli inspiegabili ritardi. Solo il 28 ottobre 2005, «a distanza di oltre un anno dall'iscrizione della notizia di reato», scrive ancora Tangari, e non entro sei mesi come prevede il codice, il pm nomina un consulente dell'Istituto di medicina legale di Milano. Il 3 novembre, il medico presta giuramento e il magistrato gli dà due mesi di tempo per il deposito della relazione che accertasse le cause del decesso e l'eventuale imperizia dei medici. Ebbene, il medico «consegnerà la relazione peritale soltanto il 7 novembre 2009 a distanza addirittura di 4 anni» senza mai chiedere una proroga dei termini, denuncia il legale. Nel frattempo, dopo un altro anno dalla nomina, il 23 ottobre 2006 il pm decide di convocare il medico legale che aveva eseguito la prima autopsia sul 62enne. Con un telegramma la dottoressa spiega però di non poter comparire per la data prevista e «incredibilmente», prosegue Tangari, «senza alcun giustificato motivo» non viene più convocata, nonostante il consulente avesse lamentato delle superficialità nell'esecuzione dell'esame autoptico e chiedesse chiarimenti. Il legale sottolinea tra l'altro come in tutto il lasso di tempo intercorso tra il 23 ottobre 2006 e il 7 ottobre 2009 il pm non abbia compiuto alcun atto per interrompere il termine della prescrizione dell'ipotesi di reato, stabilita dalla legge ex Cirielli in 5 anni per gli indagati incensurati. Sarebbe bastato per esempio convocare un testimone. Intanto, l'11 novembre 2007 il pm titolare dell'inchiesta viene trasferito a Milano e solo nell'ottobre successivo il fascicolo è stato assegnato a un nuovo magistrato. Siamo nell'ottobre 2008. Ci vogliono altri 12 mesi perché il nuovo pm il 7 ottobre 2009 solleciti il consulente a depositare la propria relazione. «Guarda caso - scrive caustico Tangari - il dottore, dopo l'unico sollecito pervenutogli dal pm in ben quattro anni dal conferimento dell'incarico peritale, decide finalmente di depositare la relazione in data 14 novembre 2009, anticipandola al pm con fax del 7 novembre 2009». Ebbene, tempo pochi giorni, il 17 novembre la Procura presenta al gip la richiesta di archiviazione. Una pagina in cui scrive che «le risultanze della autopsia e la consulenza medico-legale in atti non hanno consentito di accertare con sufficiente margine di certezza la causa della morte» del paziente; che «non sussistono di conseguenza elementi atti a sostenere l'accusa in giudizio a carico dell'odierno indagato»; e che «in ogni caso il reato è estinto per intervenuta prescrizione». Letto il documento, alla vedova è caduto ancora una volta il mondo addosso. Anche perché nella relazione il consulente segnalava che in occasione dell'intervento subito dal paziente «si è pervicacemente riproposta una procedura rischiosa ripetuta più volte a fronte di non chiari vantaggi clinici». Oggi il gip, ha disposto nuove indagini fissandone la conclusione per il prossimo 20 settembre.

Nel provvedimento Nobile dispone l'interrogatorio del medico indagato, l'audizione della dottoressa che aveva eseguito l'autopsia e la disposizione di un supplemento di consulenza tecnica attraverso la nomina di un cardiologo esperto.

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