Muti riapre il teatro Grande di Pompei

A breve, Riccardo Muti sarà impegnato in un tour con i Wiener Philharmoniker nell’Europa musicalmente meno frequentata di Lubiana, Istanbul e Atene, ma prima c’è una tappa tutta italiana con l’inaugurazione del Teatro Grande degli scavi di Pompei. L’appuntamento, curato dal Teatro San Carlo di Napoli, è per domani sera, e non poteva che essere affidato al direttore napoletano per eccellenza. Cioè Muti, che a Pompei porta i giovanotti della sua orchestra, la Cherubini, impegnata con Romeo e Giulietta di Chaikovskij, L’uccello di fuoco di Stravinskij e la Sinfonia n. 5 in do minore di Beethoven.
Il teatro rinasce secondo modalità che hanno sollevato un nugolo di polemiche, ma Muti non entra nel merito. «In linea di principio - spiega - sono felice che si riporti alla luce un luogo che possa ospitare concerti, balletti, opere e prosa. Un centro di tale tradizione, classica appunto, non può certo accettare cose offensive. Ho sentito alcuni commenti sui lavori di restauro, mi auguro che siano stati fatti con criterio, non posso esprimermi perché non ho visto nulla».
Nel frattempo, stasera, il maestro apre il Ravenna Festival, la manifestazione ideata e curata dalla consorte, Cristina Mazzavillani. La rassegna avrebbe dovuto ospitare Claudio Abbado che per ragioni di salute ha dovuto annullare gli appuntamenti con la Scala e con il Ravenna Festival. Lo sostituisce il giovane venezuelano Diego Matheuz, assieme a Gustavo Dudamel, promessa della direzione, cresciuto sotto l’ala di Abbado. Che cosa sente di consigliare Muti alle nuove leve della direzione? «Di studiare senza risparmio. E di studiare profondamente più di uno strumento musicale, anzitutto il pianoforte, e composizione. Diversamente, si agitano soltanto le braccia. Il direttore Vittorio Gui, ormai novantenne, mi disse “Peccato che mi avvicini alla morte proprio nel momento in cui sto imparando come si dirige un’orchestra”. Del resto, quella del direttore è una professione enigmatica e metafisica, è vero si basa su una gestualità codificata, però, condivido e capisco la confessione di Carlos Kleiber che osservava: “Come sarebbe bello dirigere senza le braccia”».
Muti sarà presente al Ravenna Festival con un’accoppiata di chicche: due Betullia Liberata, l’una opera di un Mozart quindicenne e l’altra di un Jommelli alle soglie dei trent’anni, già battezzate al Festival di Salisburgo e sempre alla guida dell’Orchestra Cherubini. Sarà invece il Requiem in do minore di Cherubini a siglare il concerto «Le vie dell’amicizia» 2010, atteso il 13 luglio a Trieste, la città ponte fra Italia, Slovenia e Croazia che si protende verso un’area dove covano problemi non del tutto risolti. «In questo clima di comunione europea cerchiamo di comporre questi problemi. Dovrebbero essere presenti all’appuntamento i presidenti dei tre Stati», ancora Muti. Il concerto di Trieste coincide con la serata ravennate che ha per protagonista Keith Jarrett. Che relazioni ha Muti con il jazz? «Ho stima per il jazz e i jazzisti di classe», dice.
Proprio in questi giorni a Berlino i mitici Berliner Philharmoniker si fondono con la Band di Wynton Marsalis eseguendo la Swing Symphony di Marsalis diretti da Sir Simon Rattle. Che ne pensa Muti di operazioni di questo tipo? «Non conosco Marsalis personalmente, ma so che è uno dei più grandi trombettisti contemporanei.

È giusto che i Berliner collaborino con lui, i due nomi sono una garanzia. Io credo che le due sponde, jazz e classica, abbiano una diversa identità, però ci possono essere delle confluenze. Nomi come quelli dei Berliner e Marsalis assicurano che non vi siano dissacrazioni».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica