
L'8 marzo è la Giornata internazionale della donna e in tutta Italia sono previste manifestazioni e cortei. Ma l'interno del movimento femminista è spaccato. A dividerlo, questa volta, è stata una lettera scritta dalle attiviste della rete Dichiariamo, che è stata condivida dall'Unione Donne in Italia, che ha fatto saltare sulla sedie le varie esponenti dell'iperfemminismo rosso di oggi. Il motivo? Nella lettera, che nessuno può avere il coraggio di definire misogina, si esprimono concetti chiari e senza troppi giri di parole e si critica tutto ciò che le femministe di oggi vogliono far passare come femminismo.
Prima di tutto, le donne di Dichiariamo scrivono: "Proviamo sconcerto per l'uso di parole neutre a base di asterischi: come può essere celebrata la Giornata delle donne se si rifiuta la parola 'donna'?". Novantadue minuti di applausi per queste fiere e orgogliose esponenti dell'universo femminile, che rimettono ordine in un contesto che da troppi anni è in mano a estremiste del pensiero. La tendenza di "eliminare" la donna è sotto gli occhi di tutti, si vuole cancellare il concetto femminile in nome di un genere fluido che comprenda non solo chi è nata donna ma anche chi si percepisce come tale. È il concetto dell'autodeterminazione che viene professato dalle femministe oltranziste, più paladini dei diritti delle transessuali che delle donne biologiche, che se poi sono pure bianche diventano il vero male. Quasi come gli uomini etero e bianchi. Quasi.
La moda dell'asterisco, o della "x" o dello shwa (passato di moda perché forse difficile da scrivere) o della "u" finali ha preso piede giustificato dalla volontà di non offendere chi non si riconosce in nessun genere e per non discriminare nessuno. Ma in questo modo si appiattisce l'esistenza del genere femminile, si annullano le lotte decennali per l'uguaglianza di genere e le rivendicazioni e, soprattutto, si comprimono i diritti delle donne. Un esempio? La pretesa che le atlete transessuali gareggino con le donne perché "sono donne". Su questo punto le donne di Dichiariamo sono chiare: "Le sinistre da sempre difendono i vulnerabili e sembrano dare oggi centralità ai corpi trans, denunciando per esempio le leggi che non li includono negli sport femminili? Ma chi si cura del diritto delle atlete a competizioni giuste?". Vincere un torneo è l'obiettivo di chi trascorre la propria vita ad allenarsi e in certi ambiti significa anche godere di borse di studio e premi, "perché le donne dovrebbero privarsene a favore di persone trans? Essere solidali non è essere sacrificali".
Ecco, questo concetto va scandito bene perché la tendenza sembra proprio essere quella di una volontà di sottomissione a cui vengono obbligate le donne biologiche in favore delle donne transessuali. E chi non lo accetta viene marchiato con lo stigma dell'omo e transfobia. Come sta accadendo in queste ore nei confronti di Dichiariamo e dell'Unione Donne in Italia, che hanno avuto il coraggio di alzare la voce contro le prepotenze e di dichiarare che "le donne sono il soggetto del femminismo".
Volevano aprire un confronto con le altre sigle, posizionate evidentemente su punti di vista diversi, ma hanno purtroppo ottenuto solo insulti e violenza, quella stessa violenza da corteo che stigmatizzano, perché "l'estetica truce dei cortei, con i fumogeni e a volto coperto, non fa pensare al femminismo, che è conflittuale ma non violenta". Servirebbero più femministe così, oltre la politica e oltre la cieca ideologia, per riportare al ruolo che meritano le lotte femministe.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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