Un'impresa vitivinicola bulgara ha messo in commercio un vino, chiamato "Bolgarè", il cui nome richiama espressamente un noto prodotto italiano come il Bolgheri. Uno stratagemma basato sull'assonanza che aveva evidentemente garantito un buon riscontro in termini di vendite alla società balcanica, con quest'ultima che era persino arrivata a chiedere all'Ufficio Marchi Europeo la registrazione del marchio (scatenando ovviamente l'ira del Consorzio di tutela dei vini Bolgheri e Bolgheri Sassicaia). E sono serviti ben sei anni, prima che nelle scorse ore l'Unione Europea si esprimesse in via definitiva a favore del "brand" italiano, dopo una prima vittoria degli imprenditori bulgari. Si è quindi chiusa una vicenda che ha minacciato l'unicità di un'eccellenza enologica italiana qual è il Bolgheri, un vino che ha da tempo ottenuto la certificazione Dop. A riprova della qualità capace di conquistare turisti provenienti da tutto il mondo, i quali ogni anno fanno tappa nella pittoresca frazione del Comune di Castagneto Carducci (in Toscana) dove viene prodotto.
L'escamotage dell'azienda bulgara
Ed è stato con tutta probabilità il successo che il marchio originale riscuote a livello mondiale a spingere la Domaine Boyar, la maggiore azienda vinicola della Bulgaria, ad imbottigliare un vino ribattezzato "Bolgarè". Un vero e proprio attacco al "Made in Italy", sulla falsariga del "parmesan" e delle falsificazioni o rivendicazioni che ancora oggi si concretizzano da ogni parte del globo (vedasi il recente "caso" del parmigiano che verrebbe prodotto nel Wisconsin). E non senza evidenziare una certa faccia di bronzo, nel 2017 la Domain aveva inoltrato presso l’Ufficio marchi europeo (l'Euipo) la domanda per registrare il Bolgarè nella classe dei prodotti alcolici. Un atto che causò l'ovvia opposizione del consorzio con sede a Livorno: la strategia del gruppo bulgaro, basata sull'evidente somiglia fonetica fra i due prodotti, era infatti volta a calamitari i consumatori europei meno esperti, convinti erroneamente di acquistare una bottiglia di pregiato vino italiano. E questo escamotage avrebbe consentito alla ditta bulgara di erodere una piccola quota di mercato al vero Bolgheri. La questione si è quindi trascinata per più di un lustro, dato che in un primo momento l'Euipo aveva rigettato le ragioni del Consorzio di tutela. D'altro canto, la controparte bulgara non aveva alcuna intenzione di demordere ed è servita una sentenza del Tribunale dell'Unione Europea per sancire la fine della diatriba.
Il verdetto del tribunale UE e la soddisfazione del Consorzio
Il verdetto recita che il marchio Bolgaré è idoneo a evocare, nella mente del pubblico di riferimento, la Dop Bolgheri. In particolare, il tribunale ha aggiunto che tale circostanza non può essere messa in discussione dal fatto (sostenuto dalla controparte) che l'acquirente potrebbe percepire il Bolgaré come un riferimento alla Bulgaria. E infatti tale circostanza, anche se fosse accertata, non è sufficiente ad impedire che il pubblico, di fronte al marchio “Bolgaré”, abbia in mente l'immagine del prodotto coperto dalla DOP "Bolgheri". In particolare, tra i due termini sussistono somiglianza fonetica, numero simile di lettere, identità di prodotti e persino somiglianza figurativa nei caratteri di scrittura. Almeno in questo frangente quindi, ai "furbi" non è andata bene.
"Dopo sei anni di attesa si può fortunatamente scrivere il lieto fine di una vicenda che ha visto minacciate le denominazioni d’origine Bolgheri, in uno scenario che altre “Dop” italiane hanno vissuto o stando vivendo - il commento del Consorzio, espresso in un comunicato pubblicato sul proprio sito ufficiale - questa sentenza risulta avere un’importanza che va ben oltre gli interessi del territorio bolgherese: sarà un precedente fondamentale per la protezione delle denominazioni d'origine italiane ed europee".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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