Gladio parallela? "Quel documento è un passo indietro"

Giovanni Spinosa, che a lungo da magistrato ha indagato sui delitti della Uno Bianca e sulla Falange armata, dice la sua sul documento che attesterebbe la seconda vita di Gladio: "È un'operazione deviante"

Gladio parallela? "Quel documento è un passo indietro"

Da quando il settimanale Tpi ha pubblicato un documento inedito in cui si parla della possibile creazione di una struttura segreta in seno alla VII Divisione del Sismi, sono passati ormai due mesi. Il documento in oggetto, datato 13 luglio 1990, è stato presentato come attestante la seconda vita di Gladio, la costola italiana dello Stay Behind americano che tanto piace scomodare – spesso a sproposito - quando c’è odore di complotto o, in generale, puzza di bruciato.

E anche in questo caso, benché il documento sia effettivamente interessante e a suo modo clamoroso, non si comprende per quale motivo se ne attribuisca la paternità all’organizzazione semi-clandestina di ambito Nato che di lì a poco (nell’ottobre del 1990) verrà sciolta.

Certo, VII Divisione del Sismi e Gladio fanno il paio perfetto, naturale dunque fare un immediato collegamento. Ma poi, fatto il collegamento, bisogna approfondire, perché le cose che non tornano riguardo questo documento sono molte. E nessuno, fin ora, ha provato a spiegarle se non ilGiornale.it.

Dopo esserci interrogati sull’autenticità o meno di questo documento, ci siamo chiesti se avesse senso lasciare nero su bianco la proposta di formare una squadra cui affidare operazioni sporche; ci siamo anche chiesti, dando per buono che il contesto in cui si inserisce il tutto sia riconducibile a Gladio, che senso avesse fare una proposta simile quando la fine dell’organizzazione era ormai prossima (ben ne erano consapevoli gli addetti ai lavori).

Queste e molte altre domande le abbiamo poste a Giovanni Spinosa, magistrato da poco in pensione. Titolare dell’indagine sui crimini della Uno Bianca, avvenuti tra Emilia Romagna e Marche tra il 1987 e il 1994, recentemente ha dato alle stampe per Piemme, insieme a Michele Mengoli, il libro Falange armata, storia del golpe sconosciuto che ha ridisegnato l’Italia. Profondo conoscitore delle trame criminali ed eversive che hanno attraversato come corrente elettrica l’Italia in un periodo di passaggio tra il mondo della Prima e della Seconda Repubblica, il dottor Spinosa ha detto la sua sul documento: “Nella migliore delle ipotesi lo considero un falso. Nella più credibile è un’operazione deviante”.

Il magistrato ci spiega la sua teoria: nel luglio del 1990, la Falange armata si è da poco strutturata. L’11 aprile avviene il primo omicidio – quello dell’educatore carcerario Umberto Mormile – che sarà però rivendicato il 27 ottobre 1990, solo tre giorni dopo il discorso in cui il presidente del Consiglio italiano, Giulio Andreotti, rivela l’esistenza di Gladio “Se questo documento del luglio del 1990 allude a qualcosa di reale e di concreto, questo qualcosa in Italia, in quel momento, si sta già strutturando. Ed è appunto la Falange Armata. Mi sembra però che, rispetto a questa realtà eversiva che già muove i primi passi, l’idea che qualcuno proponga di costituire un’analoga realtà eversiva sia qualcosa di totalmente anomalo. Qualcosa che anticipa poi altre operazioni depistanti, come il tentativo di ricondurre la Falange Armata alla VII Divisione che viene fatta con l'operazione Fulci”.

Francesco Paolo Fulci, già segretario generale del Cesis [organo di coordinamento dei servizi segreti italiani dal 1978 al 2007, ndr] e allora ambasciatore presso le Nazioni Unite, nel 1993 stilò una lista – poi consegnata alla Procura di Roma, che aprì un’inchiesta terminata con un nulla di fatto – con 16 nomi. Tutti ufficiali della VII Divisione del Sismi, indicati come i telefonisti della Falange armata, definita una diretta prosecuzione di Gladio. Di più: Fulci disse di aver individuato alcuni dei luoghi da cui erano partite alcune delle telefonate che per diversi anni rivendicarono qualsiasi genere di crimine efferato (tra cui quasi tutte le principali stragi di mafia). Si trattava di telefoni ubicati nei pressi di sedi nella disponibilità del Simi. Un’affermazione ad oggi non verificata.

Secondo l’ex magistrato Spinosa, tutta l’operazione è una sottilissima costruzione depistante. Il 1993 è anche l’anno del cosiddetto Sisde Gate, lo scandalo che investì i vertici dei servizi segreti civili, colpevoli di aver sperperato cifre da capogiro per interesse personale, e che mise in seria difficoltà l’allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, che parlò di un “gioco al massacro”. La stessa cosa che ci conferma il dott. Spinosa: “In quel periodo non sono mancati i colpi bassi, anche all’interno dei corpi dello Stato, tra diversi apparati”.

Se l’ambasciatore Fulci fosse consapevole dell’operazione di cui si stava facendo illustre portavoce (se di operazione si tratta, naturalmente) l’ex magistrato non lo sa. Ipotesi, le sue. Come d’altronde, in mancanza di riscontri, quelle di Fulci: “L’ipotesi Fulci è fantasmagorica e non mi capacito del credito che le è stato dato. Sulla base di una mappa dei luoghi di provenienza delle telefonate, che nessuno conosce, e sulla loro vicinanza alle sedi del Sismi, si accusano 16 ufficiali del servizio segreto militare di aver preso parte a un disegno eversivo di proporzioni gravissime. Noi conosciamo il luogo di provenienza solo della prima telefonata della Falange armata, che è partita da una stazione di servizio sull’autostrada Milano-Bologna, nei pressi di Modena. Ce lo dicono i pentiti e abbiamo altri riscontri. Ma le altre? Chi le conosce? Davvero dobbiamo pensare che dei super agenti specializzati come erano i 16 del Sismi siano stati impiegati per fare delle telefonate? Mi sembra un’ipotesi che non sta né in cielo né in terra…”

E il documento di cui stiamo parlando, secondo Spinosa, ripropone una lettura simile, accollando al Sismi altri pesantissimi sospetti. La domanda allora viene spontanea: si è mai scavato nell’opposta direzione? O meglio, si è mai indagato sul ruolo giocato dal Sisde in questa vicenda che parte dal 13 luglio 1990 e arriva al 1993 e alla lista Fulci?

“Non è che non si sia scavato nell’opposta direzione. Non si è scavato proprio. C’è un equivoco di fondo: l’aver ridotto la Falange Armata a dei telefonisti. È una struttura che prepara, organizza, teorizza e realizza un progetto eversivo. È molto di più che semplici “telefonisti”. Non so come si è arrivati alla scoperta di questo documento tra le tante carte che erano sepolte in qualche ufficio. Non lo so e, non sapendolo, non posso dire ne immaginare nulla. Certo è che questo è un momento nel quale si sta riflettendo su quel periodo, e lo si sta facendo in termini molto nuovi e diversi rispetto a quanto fatto finora. Il riproporre l’ipotesi Sismi, la VII Divisione, un’organizzazione più o meno collegata al Sismi, mi pare che sia – al di là delle intenzioni, certamente meritorie - un passo indietro rispetto a quello che oggi si sta cercando di fare, ovvero ricondurre il tutto non al Sismi ma anche soprattutto ad altri apparati dello Stato. Questo si pone probabilmente in una situazione di conflittualità all’interno degli apparati dello Stato all’epoca esistenti e tutt’oggi riprodotti con delle situazioni attraverso le carriere…”

Insomma, una sorta di guerra tra bande senza esclusione di colpi. E tra soggetti mai identificati che, ancora oggi, potrebbero ricoprire ruoli chiave: “Non è stato arrestato nessuno, l’unico [Carmelo Scalone, assolto in Cassazione nel 2002, ndr] si è scoperto che non c’entrava nulla. Ma la Falange armata continua a esistere. È un’entità molto reale. E non è vero che non sono stati individuati i componenti. Semplicemente non sono stati cercati”.

E il pensiero torna sempre alla lista Fulci: “L’ipotesi Fulci è talmente paradossale che la vera domanda è: quale substrato culturale ha consentito che un'ipotesi del genere potesse avere un prestigio e una diffusione come quella che ha avuto? Il punto non è: Sismi o Sisde, polizia o carabinieri. Il punto è: persone che fanno delle telefonate o persone che formano una rete eversiva effettiva, che mettono le bombe, che sparano veramente e uccidono? Il punto vero è questo. Non mi sorprenderei nemmeno che all’interno di una prevalenza di uomini vicini al ministero dell’interno possano esserci stati anche uomini vicini al ministero della difesa, e uso questi termini per indicare la casacca e non per limitarci a parlare di servizi segreti. Parliamo di apparati, e quindi di un termine che va oltre. Per esempio, a qualcuno è mai venuto in mente di scavare nei Sios?”.

Per quanto ne sappiamo no.

Il ruolo ipotetico dei servizi segreti interni delle rispettive forze armate [esistiti in questa forma fino al 1997, ndr] viene spesso ignorato. Tirando le fila però una cosa la possiamo dire: falso o no, qualunque sia la natura di questo documento, vecchi fantasmi tornano ad agitarsi con un tempismo che – a trent’anni dalle stragi del 1993 – mette i brividi.

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