Le donne delle stragi e quei segreti sulle bombe del 1993

In un'intervista rilasciata a SkyTg24, Marianna Castro, ex compagna del poliziotto Giovanni Peluso, accusato da un collaboratore di giustizia di aver piazzato la bomba della strage di Capaci, rivela retroscena clamorosi sulle bombe del 1993 e sul ruolo di due donne

Le donne delle stragi e quei segreti sulle bombe del 1993

L’intervista realizzata dal giornalista Massimiliano Giannantoni per SkyTg24 potrebbe scatenare un effetto domino i cui esiti sono al momento imprevedibili. In un momento in cui si torna a parlare dell’organizzazione Gladio e di una struttura creata in seno alla VII Divisione del Sismi con “agenti a perdere” da impiegare per operazioni sporche, l’intervista a Marianna Castro pesa come un macigno.

Castro è stata compagna di Giovanni Peluso, l’ex poliziotto accusato dal mafioso e collaboratore di giustizia Pietro Riggio di aver piazzato l’esplosivo della strage di Capaci e che recentemente – attorno al 15 marzo scorso – ha ricevuto dalla procura di Caltanissetta (che nel frattempo ha archiviato le contestazioni per la strage di Capaci) un avviso di conclusione delle indagini preliminari per concorso esterno in associazione mafiosa.

Se Peluso è stato accostato alla strage che ha spazzato via la vita di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo, le parole della sua ex compagna ora raccolte da Giannantoni sembrano accostarlo ad altri altrettanto gravi eventi stragisti di cui ricorrerà tra poco il trentennale: le stragi di Firenze e di Milano del 27 maggio e del 27 luglio 1993, che insieme fecero contare dieci morti innocenti.

Nell’intervista, la Castro racconta di aver accompagnato il suo ex compagno a uno svincolo dell’autostrada Roma-Napoli il giorno prima della strage di via dei Georgofili. Ad attenderli, all’interno di una Mercedes scura in cui Peluso sarebbe poi salito, Giovanni Aiello – alias faccia da mostro – alla guida in compagnia di due donne. Una bionda, al suo fianco, e una mora seduta sui sedili posteriori.

Il gruppo parte, ma successivamente – la Castro non spiega in che modo – parla con il compagno in viaggio. La Castro chiede a Peluso chi siano quelle donne: “Quella vicino è la segretaria del mio amico, Antonella, quella dietro è una mia collega dei servizi segreti”. Incalzata da Giannantoni, Marianna Castro svela i reali nomi delle due donne: Antonella, la “segretaria” di Aiello, si chiamerebbe in realtà Virginia. Quella dietro, soprannominata “cipollina”, risponderebbe al nome di Rosa. Accento meridionale, precisamente campano, per Virginia, e accento settentrionale per Rosa.

Il racconto si fa ancora più inquietante quando Marianna Castro racconta che un mese dopo la bomba di Firenze, Peluso le chiede nuovamente di essere accompagnato allo stesso svincolo: “dobbiamo andare a Milano a fare dei rilievi” avrebbe detto. Ad attenderli, stavolta, una Bmw chiara. Alla guida sempre faccia da mostro e, ancora una volta, Virginia e Rosa.

Alla domanda del giornalista di quando abbia collegato queste partenze del compagno con il verificarsi delle stragi, Marianna Castro risponde così: “Lui quando tornava gli dico... scusa, ogni volta siete partiti, siete tornati e poi succedono le stragi”. Peluso avrebbe risposto “Che vuoi dire? Che siamo stati noi?”

“No”, risponde la Castro, “non dico che siete stati voi, però per Firenze è stato così, per Milano è stato così. Siete andati giù a Capaci ed è stato così, e pure quando c’è stata via D’Amelio [la strage di via d’Amelio dove perse la vita Paolo Borsellino e gli uomini e donne della sua scorta, ndr] lui è mancato quel periodo... come mai tutte le stragi e tu non sei mai stato a casa? Hai sempre detto che sei andato a fare i rilievi, però partendo prima? [...] però siccome era un soggetto molto pericoloso... [ho detto] lasciamo perdere”.

Entrambe le auto, la Mercedes scura e la Bmw bianca, sono state viste rispettivamente a Firenze e Milano da alcuni testimoni prima delle violente esplosioni. Così come è ormai cosa nota, stando sempre alle testimonianze, la presenza di donne sui luoghi delle due stragi. Donne di cui restano tracce anche nei pressi del cratere di Capaci.

Il fatto che poi Giovanni Aiello prediligesse la compagnia di donne al suo fianco non è una novità. Ce l’aveva detto anche Armando Palmeri in una delle due interviste esclusive che ci aveva rilasciato nel settembre 2022. In quel caso, ci aveva raccontato di aver incontrato Aiello in compagnia di una donna con cui aveva collaborato per individuare la prigione del piccolo Giuseppe Di Matteo. Una donna che lavorava a strettissimo contatto con la Dia di Palermo. In quell’occasione, Palmeri ci aveva provocatoriamente chiesto per quale motivo nessuno, fino a quel momento, avesse pensato di mostrargli qualche foto per un confronto. Troppo tardi, l’ex collaboratore di giustizia è morto improvvisamente il 17 marzo.

Sulla possibilità che delle donne legate ai servizi segreti abbiano partecipato con un ruolo operativo alla preparazione e all’esecuzione di attentati abbiamo chiesto un parere al criminologo Federico Carbone, profondo conoscitore delle trame italiane del periodo che va dalla fine degli anni Ottanta alla metà degli anni Novanta e da diversi anni consulente della famiglia di Marco Mandolini, il super-soldato che indagava informalmente sulla morte dell’amico Vincenzo Li Causi e che venne massacrato con decine di coltellate non molto lontano dalla caserma Vannucci di Livorno.

“Dai documenti in nostro possesso relativi alla VII Divisione del Sismi – ci dice Carbone - è sempre emersa una componente femminile”. E aggiunge: “I nomi dei componenti della VII Divisione erano molti di più di quei 16 conosciuti attraverso la lista Fulci. Tra questi, appunto, ci sono diverse donne”.

Non è certo un’anomalia la presenza di donne all’interno di apparati d’intelligence. La vera anomalia, in questo caso, è un’altra: “È quella di scoprire che delle donne abbiano avuto parte in attentati e stragi da sempre attribuiti a Cosa nostra. La mafia non ha mai impiegato delle donne per le proprie attività”.

Proprio un anno fa, una donna di Bergamo, Rosa Belotti, è finita sotto i riflettori con il sospetto che sia lei una delle donne viste in via Palestro poco prima della strage. Impossibile non chiedersi se quella “cipollina” citata dalla Castro, quella Rosa, non sia proprio la Belotti. Così come è impossibile non chiedersi se quella Virginia non sia Virginia Gargano, ex gladiatrice e molto vicina a Giovanni Aiello. Siamo certi che presto qualcuno più titolato di noi cercherà di rispondere a queste domande.

Come siamo certi che queste domande – e

molte altre – verranno fatte a Giovanni Peluso che, già tirato in ballo per la strage di Capaci, potrebbe vedersi costretto a spiegare la sua eventuale presenza a Firenze e Milano in prossimità delle scoppio delle bombe del 1993.

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