Sono agghiaccianti le parole della piccola vittima ora 11enne, che da quando aveva 8 anni subiva le molestie del nonno di 83. Sono state ripetute anche al processo: "Non voglio aprire, nonno mi fa fare delle cose brutte", spalancando le porte a quell'orrore subito da chi, a quell'età, dovrebbe pensare solo alle cose belle della vita.
La storia
La storia parte proprio dalla scoperta degli abusi, quando la piccola Giorgia (nome di fanstasia) era in casa insieme ad un'amichetta e il nonno aveva citofonato per andarla a trovare: "Non voglio aprire, nonno mi fa fare delle cose brutte" aveva detto scoppiando a piangere all'amica, scoperchiando quell'orribile vaso di Pandora, quel peso enorme che si era portata dietro per 4 anni. La bambina ha avuto poi il grande coraggio di raccontare alla mamma di quel palpeggiamenti e baci sulla bocca che l'uomo la costringeva a subire e la donna lo ha subito denunciato poendo fine a quella situazione perversa che si speri la piccola riesca a dimenticare.
La sentenza
Ieri i giudici della prima sezione penale di piazzale Clodio hanno condannato l'uomo a cinque anni e mezzo per violenza sessuale aggravata perché commessa nei confronti di una bambina. I fatti, si legge nei capi d'imputazione, erano iniziati nel 2014 quando Giorgia aveva otto anni, e sono avvenuti: "in più occasioni e in tempi diversi". Tutte quando nonno e nipote rimanevano da soli, a casa, dove la piccola vive con la mamma, ma anche in macchina insieme.
L'ultimo abuso il primo gennaio 2018, poco prima della confessione alla mamma e della conseguente denuncia. In quell'occasione, si legge nelle carte della procura, "metteva la mano della bambina sul proprio organo genitale". Negli altri episodi invece era lui ad allungare le mani e a "baciarla sulla bocca". Tanti anni in cui Giuorgia si era tenuta tutto dentro, neanche una parola a nessuno, forse per paura. Dopo la denuncia della mamma la ragazzina è stata ascoltata dagli inquirenti e forse finalmente libera, è riuscita a raccontare tutto in maniera precisa tanto da non far sorgere nessun tipo di dubbio.
Le parole del difensore
I genitori della bambina in primo momento si erano dichiarati parte civile per poi rinunciare. Al momento della sentenza non erano presenti in aula così come non c'era neanche l'imputato rappresentato dall'avvocato pensalista Fabio Penso, che aveva chiesto di poter sottoporre il proprio assistito a una nuova perizia, sebbene il perito avesse considerato l'83enne, pochi mesi fa, capace di sostenere il processo, anche se affetto da una lieve demenza e una ridotta capacità cognitiva.
La richiesta era però stata rifiutata e la pm Maria Perna aveva chiesto per l'uomo sei anni e mezzo di condanna, diventati poi cinque anni e sei mesi con la pena inflitta dal giudice, con un anno di misura di sicurezza a fine pena. "Sono stupito da questa decisione - ha affermato il penalista Penso - perché ho continuato ad avere rapporti con il mio assistito. È isolato dal mondo, non ha neanche il telefono, vive in condizioni terribili. I familiari hanno interrotto i rapporti con lui dal momento in cui hanno appreso quanto era accaduto. Il perito l'ha considerato capace di affrontare il processo ma non è neanche riuscito a venire in tribunale oggi per essere ascoltato, non si regge in piedi", ha concluso.
L'orrore senza fine
Anche se questo caso lascia veramente sconcerto, non si tratta purtroppo di qualcosa di isolato, a inizio dicembre era stato condannato a sei anni di reclusione un altro uomo di 87 anni.
L'accusa sempre la stessa, violenza sessuale nei confronti della nipote minorenne. Fondamentale in quel caso era stata la testimonianza dello zio della ragazzina: "Quando ero piccolo ha abusato anche di me".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.