"C'erano svariate metastasi". Ecco cosa ha ucciso Purgatori

Emergono nuovi dettagli dall'autopsia effettuata sul corpo di Andrea Purgatori. C'erano "svariate metastasi", ecco perché non si sarebbe comunque salvato

"C'erano svariate metastasi". Ecco cosa ha ucciso Purgatori
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Il tumore si era ormai diffuso mediante svariate metastasi: a prescindere dalla diagnosi, Andrea Purgatori non sarebbe sopravvissuto alla malattia, ormai in fase troppo avanzata. È questo l'esito dell'autopsia effettuata sul corpo del giornalista, scomparso lo scorso 19 luglio. Secondo i medici incaricati di eseguire l'esame, Purgatori si trovava in condizioni troppo gravi per sperare in un qualsiasi miglioramento.

La controversia

La morte di Andrea Purgatori ha portato a delle indagini proprio per le diverse modalità di approccio alla malattia. Intenzionata a conoscere la verità, la famiglia del giornalista sta facendo di tutto per risalire all'esatto quadro clinico del congiunto.

Lo scorso maggio, a Purgatori era stato diagnosticato un tumore al polmone con metastasi individuate negli organi vicino al cervello. Il giornalista era stato quindi trattato con radioterapia, salvo poi arrivare a un diverso parere medico, secondo il quale il tumore non era affatto arrivato al cervello. Nessuna metastasi, quanto piuttosto segni di ischemie.

L'autopsia richiesta dalla famiglia del giornalista ha confemato che la presenza di ischemie cerebrali, motivo per cui, dopo l'esposto dei familiari di Purgatori, la procura ha avviato un'inchiesta. Attualmente due medici, un primario di Radiologia e un suo collaboratore, sono indagati per l'ipotesi di reato di omicidio colposo.

Le metastasi

Dalla recente autopsia, il cui esito è stato riportato da Repubblica, emerge che, a prescindere dalla diagnosi, errata o meno, il destino del giornalista era purtroppo già segnato. Troppo critiche le sue condizioni di salute.

Nel referto dell'esame, effettuato lo scorso 26 luglio, si legge infatti di "svariate metastasi". Dal punto di vista giudiziario, dunque, non dovrebbe esserci motivo per procedere con imputazioni nei confronti dei medici. Soltanto nel caso di una condotta in grado di arrecare danno al paziente, infatti, è possibile attribuire delle responsabilità al professionista. Persino nel caso di errore medico, in questo caso di errata diagnosi, la responsabilità scatta solo laddove vi sia accertata realizzazione del danno.

I consulenti incaricati dalla procura della Repubblica di Roma ritengono che la causa primaria del decesso sia stato il tumore al polmone, ormai largamente esteso, che ha portato all'arresto cardiorespiratorio.

Resta ora da conoscere gli esiti dell'esame istologico eseguito sui tessuti e sugli organi, ma per i risultati bisognerà aspettare qualche settimana. È probabile che i consulenti decidano di richiedere anche un esame più approfondito, di tipo microbiologico, per comprendere se non vi sia stata anche la presenza di un patogeno.

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