"Verosimile che gli Elkann sapessero della frode"

Eredità Agnelli, dal Riesame un altro colpo ai tre fratelli. Taciuta la residenza in Italia di Marella

"Verosimile che gli Elkann sapessero della frode"
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Chi pensava che l’inchiesta fosse finita su un binario morto ha dovuto ricredersi: un mese fa il secondo Tribunale del riesame ha capovolto la situazione, dando una spallata alla difesa dei fratelli Elkann e riconoscendo la fondatezza della costruzione accusatoria della procura di Torino. Ora arrivano le motivazioni di quel provvedimento: parole forti che in 22 pagine delineano l’orizzonte di un’indagine che mette a soqquadro l’eredità Agnelli: «La frode è stata verosimile oggetto di dolo in capo a tutti i tre fratelli Elkann, i quali si è visto come fossero in ottimi rapporti con la nonna (Marella Caracciolo) e come ne conoscessero abitudini e problematiche che rendevano prevalente la sua permanenza in Italia. Di fronte al decorso della congiunta è verosimile che abbiano avallato, con dolorosa volontà adesiva, le strategie già suggerite e realizzate con la fattiva consulenza di Gianluca Ferrero (commercialista di famiglia, anche lui indagato)».
Poche righe, ma chiare: John, Lapo e Ginevra restano impigliati nella controversa questione della residenza di Marella: formalmente viveva in Svizzera, lontana dalle pretese del fisco italiano, ma negli ultimi anni le cose sarebbero cambiate e la vedova di Gianni Agnelli, sempre più fragile e minata dalla malattia, avrebbe trascorso gran parte del tempo nelle sue residenze sabaude. Un calcolo da ragionieri - più di 183 giorni sul calendario - che però mette in moto un’investigazione potenzialmente esplosiva.
Il primo riesame aveva dato un colpo duro alle ipotesi della procura, ora però la situazione si ribalta. La trama obliqua c’è tutta: c’è la dichiarazione fraudolenta sui redditi di Marella (contestata solo a John, in concorso con il presidente della Juventus Ferrero e il notaio svizzero Urs von Gruenigen) e c’è a cascata la truffa sulle tasse di successione non pagate su un patrimonio stimato 900 milioni.
Tutto perché siamo oltre i fatidici 183 giorni su 365: tredici dipendenti, dalle dame di compagnia ai maggiordomi della piccola corte di casa Agnelli, sono stati sentiti dai pm nel corso dell’inchiesta e alcuni hanno confermato sottolinea il Riesame «l’assoluta e incontestata permanenza in Italia», in particolare nell’ultimo «periodo di sofferenza». Prima della morte avvenuta nel febbraio 2019.
Per il Riesame numero due ci sono riscontri «convergenti» sul punto che è di decisiva importanza. Anche se i giudici notano che pure i dipendenti sono divisi in due «schieramenti»: quelli che parteggiano per i tre fratelli e l’altra fazione, schierata con la loro madre, Margherita Agnelli, in guerra con i figli in una saga drammatica che si fatica a raccontare. D’altra parte è stata Margherita, che si ritiene raggirata ed esclusa con l’inganno dalla linea di comando della famiglia, ad aver messo in moto con i suoi esposti chirurgici lo scavo dei pm.


Per gli avvocati della difesa il mancato pagamento delle imposte dovrebbe essere considerato un illecito di natura amministrativa, ma il Riesame accredita una versione diametralmente opposta: «Nel caso di specie il meccanismo fraudolento» è «di natura mista fra artificio (l’esterovestizione della residenza della de cuius), il raggiro (il tacere una circostanza essenziale, ossia che la defunta Marella risiedesse in modo prevalente in Italia) e la conseguente omissione di dichiarazione in Italia; quest’ultima è quindi l’atto finale di una più complessa fattispecie truffaldina, non riconducibile a un mero inadempimento conseguente alle frodi a monte escogitate». Con un ruolo predominante «proattivo» di John.

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