Le Nazioni Unite sospendono l’attività nella Striscia

Sconfiggere Hamas forse è possibile, convincere il mondo e l’Onu è più difficile. Avvenne a Jenin nel 2002, si ripeté in Libano nel 2006, succede di nuovo a Gaza. Da ieri Nazioni Unite e Stato ebraico sono di nuovo ai ferri corti. Dopo la strage di martedì alla scuola dell’Onu diventata rifugio per sfollati ma anche, afferma Tsahal, piazzola di tiro per i militanti fondamentalisti, ieri l’aviazione israeliana ha messo a segno un altro imbarazzante fuori bersaglio uccidendo due autisti delle Nazioni Unite impegnati nella distribuzione d’aiuti (un terzo è rimasto ferito). A quel punto i responsabili del Palazzo di Vetro, che già esigevano un’inchiesta sul massacro alla scuola, annunciano la fine delle operazioni e chiedono a Israele di rispettare la vita dei suoi dipendenti. A rendere più difficile la posizione israeliana contribuiscono le accuse della Croce Rossa, secondo cui l’esercito impedirebbe da giorni i soccorsi alle vittime di una palazzina distrutta.
La nuova crisi inizia prima della tregua quotidiana di tre ore introdotta da Israele per permettere la distribuzione di aiuti. Un autista dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu responsabile degli aiuti ai palestinesi, muove con qualche minuto d’anticipo il suo mezzo e si ritrova colpito da un missile che lo uccide. Il segretario Ban Ki Moon accusa, il portavoce dell’Onu a Gaza chiarisce che il camion aveva bandiera e insegne e annuncia il blocco d’ogni attività. «L’Onu sospende le sue operazioni fino a quando non verrà garantita la sicurezza, ci siamo sempre coordinati con l’esercito israeliano, ma i nostri uomini continuano ad esser uccisi». La nuova polemica rende più complesso il proseguimento di un’offensiva che fa i conti con il peso di oltre 760 cadaveri palestinesi, più della metà dei quali civili, e con le preoccupazioni dei più stretti alleati.
In serata però all’Onu dopo lunghi negoziati e nervi a fior di pelle un accordo di massima viene raggiunto per chiedere un cessate il fuoco tra Israele ed Hamas e permettere la distribuzione di aiuti umanitari di emergenza a Gaza. «Riteniamo terribile la situazione umanitaria, siamo molto preoccupati», aveva dichiarato il dipartimento di Stato Usa, chiedendo un’estensione della tregua di tre ore. I paesi occidentali del Consiglio di Sicurezza hanno raggiunto un’intesa con i paesi della Lega Araba per «chiedere e sottolineare l’urgenza di un cessate il fuoco immediato, duraturo e rispettato da tutti», oltre a chiedere «il ritiro immediato» delle forze armate presenti.
Mentre il premier Ehud Olmert ripete che gli obbiettivi non sono ancora raggiunti e l’esercito piange il settimo caduto e a Gaza si attende l’avvio della fase finale, destinata a schiacciare definitivamente Hamas, al Cairo si tratta, seppur su tavoli separati, un possibile cessate il fuoco.

Da ieri a discutere con Mubarak e gli emissari internazionali non ci sono solo le delegazioni di Hamas e dei moderati del presidente Abu Mazen, ma anche due alti funzionari d’Israele. E tanto per non soffiare sul fuoco il leader libico Gheddafi ha invitato tutti gli arabi «a combattere Israele a fianco dei palestinesi».

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