Nel regno di Hezbollah: così il «Partito di Dio» ha imposto la sua legge

Le milizie sciite travolgono le ultime resistenze dei Drusi e sono padrone incontrastate del Paese. Il premier Siniora pronto alle dimissioni. In una settimana di scontri 81 i morti

da Beirut

Il primo ministro Fouad Siniora pronto alle dimissioni. Il governo diviso tra chi non molla e chi prepara un umiliante patteggiamento con Hezbollah. Il leader druso Walid Jumblatt sconfitto sulle montagne e prigioniero nella sua residenza di Beirut. L'ambasciatore saudita, rappresentante della nazione araba più vicina all'esecutivo, fuggito via mare per paura di rappresaglie. La Waterloo libanese è quasi completa. Beirut e le montagne dello Chouf sono i nuovi distretti dello stato filoiraniano di Hezbollah, i nuovi segmenti di quell'asse sciita che da Teheran attraversa l'Irak, la Siria e s'affaccia su Israele. Nel resto del Paese si combatte o si attende l'ora delle armi.
A Tripoli i miliziani sunniti difendono il centro dagli assalti di gruppi filosiriani appoggiati dal Partito di Dio. Nei territori cristiani si teme il regolamento di conti tra i fedelissimi del generale Michel Aoun, il Quisling cristiano alleato con il Partito di Dio, e i maroniti di Samir Geagea e della famiglia di Gemayel schierati con Jumblatt e il governo Siniora. Il bilancio della prima settimana di scontri e battaglie è intanto di 81 morti e di 250 feriti, cifre senza precedenti dai tempi della sanguinosa guerra civile combattuta tra il 1975 e il 1989.
La battaglia più crudele, più spietata si è consumata tra i villaggi di pietra dello Chouf, tra le case di Kmatiye, Ain Anoub, Eitan e Keyfoun. Tra quelle vallate del Monte Libano, mezz'ora di macchina a sud est della capitale, le fazioni druse alleate di Hezbollah hanno dato l'assalto alle abitazioni e ai palazzi dei fedelissimi di Walid Jumblatt, hanno ribaltato un ordine secolare costringendo alla resa la vecchia dinastia. È stata una battaglia difficile, crudele e cruenta. Walid Jumblatt, domenica pomeriggio, aveva piegato il capo implorando Talal Arslan, il nemico di famiglia rappresentante di una dinastia drusa rivale, di trattare la resa con Hezbollah. Molti uomini di Jumblatt non hanno, però, accettato di consegnare le armi, hanno continuato a combattere fino a ieri mattina quando assediati, isolati e senza più munizioni sono stati costretti a gettare la spugna. I 36 cadaveri raccolti ieri nei villaggi dello Chouf, tra cui almeno 16 con le divise del Partito di Dio, danno l'idea della durezza degli scontri. «Neppure Israele aveva mai osato tanto» - ripetevano ieri i drusi sconfitti mentre Talal Arslan raccoglieva le armi per conto di Hezbollah, sotto gli occhi di un esercito immobile e indifferente.
A cinque giorni dal suo ultimatum il segretario generale di Hezbollah Hasan Nasrallah è, dunque, il nuovo incontrastato signore del Libano. E non concede pietà. Walid Jumblatt rischia di pagare con la vita le rivelazioni sulla rete telefonica clandestina di Hezbollah e sul generale Wafiq Shqeir, il capo della sicurezza dell'aeroporto che controllava lo scalo per conto del Partito di Dio. Barricato all'interno della sua residenza di Beirut il capo druso è, di fatto, un prigioniero sotto tiro.
Fouad Siniora, invece, è schiavo del ricatto di Hezbollah. Sabato il premier aveva tentato di salvare la faccia trasferendo all'esercito l'inchiesta sulla rete telefonica clandestina e sul ruolo della «talpa» Wafiq Shqeir. Nasrallah, però, non s'accontenta, non concede l'onore delle armi ad un premier definito un «dipendente di Washington e Israele». Secondo molte fonti, il Partito di Dio terrà chiuso l'aeroporto e continuerà i suoi attacchi a macchia di leopardo fino a quando il governo non cancellerà ufficialmente la rimozione del generale Shqeir e legalizzerà con un decreto la rete telefonica clandestina.
Vista la mala parata e l'inaffidabilità di un esercito che non ha mosso un dito per difendere gli alleati del governo, molti ministri sono pronti ad accettare la resa incondizionata e piegarsi ai voleri dell'opposizione appoggiata da Teheran e Siria.

Siniora attaccato su tutti i fronti resiste, a quanto si dice, soltanto su incoraggiamento degli alleati di Parigi, Washington e Riad. Ma l'incrociatore americano Uss Cole rispedito in tutta fretta davanti alle coste libanesi rischia di diventare la sua ultima via di fuga.

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