Nessuno vuole più gli «zingari del Gaslini»

Ci risiamo, il solito copione. Che prevede, al principio di tutto, una ragione obiettiva, incontestabile, fatta apposta per muovere le corde del sentimento: c’è un bimbo, di famiglia nomade, bisognoso di cure al Gaslini. E non importa niente, certo, se nel Dna è bianco, nero, giallo o cos’altro ancora: c’è in ballo una vita, la sua vita, e dunque è giusto mobilitarsi, a livello pubblico e privato, ci mancherebbe! Si muove la Provincia di Genova, il presidente Alessandro Repetto non ci pensa un attimo a darsi da fare per trovare un posto dove la famiglia, i genitori e i congiunti del piccino possano sistemarsi e raggiungere in breve tempo l’ospedale pediatrico d’eccellenza portando conforto al malato. Mica ci sarà qualcuno che si oppone, o addirittura che protesta per una generosità di questo tipo? Sì, c’è, anzi più d’uno. Ma non si tratta di senzacuore, di egoisti, di xenofobi, o, peggio ancora, di razzisti. La sinistra può star tranquilla: il problema è, come dire?, che i genitori e i parenti stretti insediati in via umanitaria, ma anche straordinaria, negli spazi pubblici, dopo alcuni giorni dalla concessione aumentano. A ritmo esponenziale. Da poche unità diventano decine, e il bello è che si dimostrano più interessati all’insediamento abitativo permanente, con le proprie roulotte, che alla salute del bimbo al Gaslini che sta male davvero, che ha sempre bisogno di cure e di affetto, ma non di essere «sfruttato» come copertura per realizzare un campo nomadi clandestino e duraturo. Se ne rende conto la Provincia stessa, che, anche di fronte alle legittime preoccupazioni dei residenti nelle aree vicine al campo provvisorio che sta diventando definitivo, decide di dare cortesemente, ma fermamente lo sfratto agli zingari. I quali se ne vanno sì, ma da Struppa passano alla Doria e ridiventano stanziali. E accolgono altro parentado. Nuovo avviso di smobilitazione, e loro, che nel frattempo sono diventati una cinquantina, vanno a stabilirsi a Quarto, sempre in area di proprietà della Provincia, che ora comincia a guardare la faccenda con occhi diversi.
Anche perché, nel frattempo, su sollecitazione dei residenti, il «moto perpetuo» che caratterizza i transiti in entrata e uscita dal campo mette in allarme i carabinieri che effettuano periodici controlli. Inevitabile l’altro avviso di sfratto. Definitivo? Neanche per sogno. Gli zingari che volevano stare vicini al bimbo malato non si fanno problemi a insediarsi anche più lontano dal Gaslini, purché ci sia posto per la «streppa» di parenti. Va benissimo, in questo senso, anche Pieve Ligure, ben servita dai mezzi, aria buona, vista mare, e magari vicini di casa più accondiscendenti. Gli zingari ex nomadi con l’obiettivo di diventare fissi parcheggiano vicino alla stazione: prima una, due roulotte, poi tre, cinque, dieci, venti. Dicono al Comune che si fermeranno solo qualche giorno. Che nel loro dialetto significa: a tempo indeterminato. Difatti. Ma siccome non c’è mai spazio per tutti i parenti stretti (presunti) del bimbo ricoverato al Gaslini, la colonia in sviluppo estende «provvisoriamente» la propria influenza in quel di Bogliasco, a pochi metri dal campo sportivo dove mister Walter Mazzarri ha sistemato i tendoni di protezione dagli sguardi indiscreti. Allora il sindaco Luca Pastorino passa all’azione, ordina la smobilitazione: «La situazione rischia di sfuggire di mano» ammette. E aggiunge. «Saranno anche bravi, ma è nostro dovere tutelare la serenità e la sicurezza di una zona frequentata da mamme e bambini».

Che sia il trasferimento definitivo dei nomadi, però, ci credono in pochi. Prossima tappa? Forse lo Spezzino o la Lunigiana, a meno che non si trovi qualcosa nel Tortonese. Sempre, naturalmente, per avvicinarsi al Gaslini.

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