Niccolò Machiavelli ci sfugge. Il vero trucco del potere è non mettersi mai in posa

Un saggio di Alessandro Campi ci guida attraverso una storia iconografica e simbolica del genio fiorentino

Niccolò Machiavelli ci sfugge. Il vero trucco del potere è non mettersi mai in posa

La politica che faccia ha? Non la politica che si fa propaganda elettorale o parata principesca, ammesso che tra le due cose ci sia differenza. Quella ha la faccia sorridente dal potente di turno. Piuttosto la politica vera che richieda di essere «golpe e lione», di prendere tutte le decisioni che servano, e poca importa se a praticare quest'arte difficile siano dei principi o dei membri di una cancelleria repubblicana.

Ovviamente quella politica con i canini sporgenti, pronta a imbestiarsi alla bisogna, non ha la faccia di nessuno di coloro che gestiscono il potere oggi, gira troppo belletto, anche nelle dittature. Ha gli enigmatici tratti del viso di chi l'ha messa nero su bianco, se non propriamente inventata. Ovvero Niccolò Machiavelli (1469-1512). Il ritratto più famoso del cancelliere fiorentino, dipinto da Santi di Tito, è oggi custodito a Palazzo Vecchio a Firenze. Il volto è dotato di uno strano sorriso, che non è certo quello della Gioconda. L'uomo ritratto ha uno sguardo volpino e astuto, il suo sorriso e quello di chi vincerà comunque. La sensazione che si ha non è quella di guardare il quadro, semmai di essere guardati beffardamente dal quadro.

E qui però è il caso di porsi una domanda. Ma quello che stiamo guardando è il vero volto di Machiavelli? Santi di Tito è nato nel 1536 e morto nel 1603. Non ha mai incontrato di persona Machiavelli. Si dice che il quadro e un busto molto simile siano stati realizzati a partire dalla maschera funebre dell'autore del Principe. Ma certezze non ce ne sono. Allora forse l'espressione machiavellica del Machiavelli dipinto da Santi di Tito dipende più dalla fama dell'autore che dal suo reale aspetto. È un archetipo, lombrosiano ante litteram, un a posteriori che vuole rendere, fisicamente, quelle caratteristiche morali che molti attribuiscono a Niccolò di Bernardo dei Machiavelli? Un dubbio che forse non risolveremo mai completamente. Ritratti certi al momento non ne possediamo. Però la sfuggente fisicità di Machiavelli e il proliferare delle sue rappresentazioni è uno degli spunti più interessanti del nuovo saggio di Alessandro Campi: Machiavelliana. Immagini, percorsi, interpretazioni. (Rubbettino, pagg. 365, euro 24).

Il problema è tutt'altro che de lana caprina perché nell'elaborazione dell'immagine di Machiavelli è finita ogni forma di malizia. La documentazione dell'epoca ci dice pochissimo dell'aspetto reale del primo grande teorico della politica. Una lettera della moglie, Marietta Corsini, ci informa che era scuro di capelli. O meglio ci informa che lo era il figlio secondogenito di Machiavelli, Bernardo, ma specificando che in questo somigliava al padre. Poi c'è un sonetto indirizzato a Giuliano de Medici di Niccolò in cui, lui stesso, si definisce magro, ma stava cercando di ottenere il favore di Giuliano...

E quindi i ritratti? Della tradizione di immagini copiate dal modello realizzato da Santi di Tito abbiamo già accennato.

Poi ne esiste una seconda mutuata dalla prima edizione illustrata degli Elogia di Paolo Giovio (1483 - 1552). Gli Elogia contengono una biografia letteraria non proprio positiva dello scrittore fiorentino accompagnata da un ritratto di profilo realizzato da Tobias Stimmer, forse modulato su un quadro posseduto dal Giovio. Somiglianza con quello realizzato da Santi di Tito? Molto relativa. Decisamente più certa l'origine del volto che accompagna una edizione cinquecentesca e veneziana delle opere di Machiavelli impressa tra il 1540 e il 1541. Si tratta di una testina che mostra accentuata calvizie e naso aquilino utilizzata dal tipografo Comin da Trino. Venne anch'essa molto scopiazzata in altre edizioni. Nel 2013 però si è scoperto che è stata semplicemente ripresa pari pari dal ritratto di un altro scrittore Fino Adriano Fini (1431 - 1519) autore di un In iudaeos flagellum ex sacri Scripturis excerptum. Insomma una faccia da scrittore buona per tutte le stagioni.

E così via: nei secoli si è poi cercato di vedere Machiavelli in moltissimi busti e quadri di autori noti e meno noti. Alla fine, come spiega Campi, quello che è sempre piaciuto è ricavare da queste immagini una qualche riflessione moraleggiante sul soggetto dell'opera. Insomma molti «Machiavelli immaginari» ritratti in opere che potessero tittilare la smania di giudicare.

Ma le attribuzioni si sprecano. In questa pagina vedete, ad esempio, il dettaglio di un quadro del 1516 di Sebastiano del Piombo che raffigura il cardinale Bandinello Sauli e altri tre uomini non identificati. Secondo alcuni studiosi i due a destra sarebbero l'umanista Giovanni Maria Cattaneo e proprio il succitato Paolo Giovio. Ma c'è chi nel corso dei secoli, nel quadro (e in una sua copia), ha visto Machiavelli. L'incisore marchigiano Paolo Fidanza, ad esempio ha creduto di riconoscere Machiavelli in quello che oggi è ritenuto Paolo Giovio. E poi le sue incisioni che lo riproducono con questa chioma fluente hanno avuto un discreto successo all'estero.

Nel 2013 poi è spuntato un ritratto (anche questo lo vedete in pagina) che secondo lo storico dell'arte Claudio Strinati potrebbe venire dalla bottega del Vasari. Riprende (o anticipa?) l'iconografia che si trova nei libri del Giovio. Potrebbe essere il primo quadro che rappresenta Machiavelli. Quanto meno è dipinto con tratto neutro e non sulfureo. Per il resto non manca mai chi cerca di trovare un Machiavelli ritratto da Leonardo da Vinci.

Insomma, la politica nella sua versione meno edulcorata un volto umano è meglio che non l'abbia. L'aveva azzeccata Guido Ceronetti che riteneva che certe immagini servissero a mostrare una «figura dell'Intelligenza amputata del Cuore». E ancora Ceronetti: «Machiavelli è un vero demonio del tempo futuro». Certo resta un partito di minoranza, esiste un minority report, su Machiavelli.

La versione Foscolo: «Quel grande/ che temprando lo scettro a' regnatori / gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela / di che lagrime grondi e di che sangue». Però era probabilmente una versione meno facile da trasformare in iconografia. Per altro non necessariamente più onesta. Machiavelli sfugge come sfuggente è il potere. Ora nemmeno più ci sorride.

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