Niente multe se non c’è il parcheggio gratis

Più che a scale, la vita è fatta a strisce. Almeno quella degli automobilisti: cacciatori professionisti di parcheggio nella triplice declinazione cromatica gialla, bianca e blu. Nessun problema per la delimitazione gialla (riservata ai residenti); idem per quella bianca (il cosiddetto parcheggio libero, quindi gratis); contestatissima, invece, la blu (la famigerata area a pagamento). Quella, tanto per intenderci, dove tutti siamo costretti a sostare quando in zona non c’è traccia di rettangoli bianchi. Risultato: una pioggia di imprecazioni. E di multe. Ma contro queste contravvenzioni, da oggi, c’è una speranza.
La Cassazione ha fissato infatti il criterio-base per la creazione delle aree con le strisce blu a pagamento: «Devono necessariamente avere vicino una zona di parcheggio libera». «Altrimenti - è la rivoluzionaria conclusione dei giudici con gli ermellini - le multe agli automobilisti che non pagano la sosta nel perimetro delle strisce blu potranno essere invalidate». Un pronunciamento destinato ad essere salutato dagli orfani dei parcheggi liberi con caroselli d’auto a tutto clacson. Tutto nasce da quanto affermato ieri dalle sezioni unite civili della Suprema corte che, con la sentenza n. 116, hanno respinto il ricorso del Comune di Quartu Sant'Elena.
Il caso nasce in un piccolo comune vicino a Cagliari dove un cittadino era stato multato per aver parcheggiato in un'area di sosta a pagamento senza esporre il tagliando. Contro gli accertamenti della polizia municipale l'automobilista aveva fatto ricorso al giudice di pace, lamentando la nullità delle delibere comunali adottate dal sindaco «in materia di parcheggi a pagamento nel centro cittadino, nullità derivante dalla mancata previsione di adeguate aree destinate al libero parcheggio».
Il magistrato onorario aveva accolto il motivo e annullato i verbali di accertamento per sosta vietata. In particolare aveva osservato che «le delibere istitutive dei parcheggi a pagamento dovevano essere disapplicate per avere ignorato il disposto dell'articolo 9 della legge n. 317/67, non essendo stati previsti parcheggi liberi nelle immediate vicinanze nell'area interessata». Contro questa decisione l'ente locale ha fatto ricorso in Cassazione. La prima sezione civile lo ha assegnato alle sezioni unite perché chiamate a pronunciarsi anche sulla giurisdizione.
Il collegio esteso, dopo aver confermato la competenza del giudice ordinario, ha respinto il ricorso del Comune. «Il giudice di pace - si legge nelle motivazioni - ha osservato che solo l'ordinanza n. 110 del 6 giugno 1994 aveva previsto l'istituzione di un parcheggio libero ma questo era situato in zona lontanissima dall'area riguardante le contestate violazioni».
Un impianto che trova d’accordo il coordinatore dei 150 giudici di pace di Milano, Vito Dattolico: «Ogni cittadino può rivolgersi a noi presentando un semplice ricorso per accertare se le multe contestate sono viziate da violazioni di legge. In questo campo l’insussistenza dei provvedimenti o gli eccessi di potere rappresentano ipotesi da non scartare a priori».
Sulla stessa linea l’avvocato Rosario Alberghina, esperto della materia, che si è spesso occupato con successo di contenziosi fra automobilisti e Comuni: «Sul territorio municipale non è possibile prevedere parcheggi esclusivamente a titolo oneroso, in sostanza lo spazio pubblico deve essere suddiviso in maniera tale da garantire l’articolo 3 della Costituzione che garantisce l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Il pronunciamento della Cassazione va in questa direzione sancendo l’obbligatorietà che ai parcheggi a pagamento o riservati ai residenti facciano riscontro aree di sosta gratuite».
Ma i Comuni di Roma e Milano (come si può leggere negli articoli in basso) provvedono subito a mettere le mani avanti, prontamente seguiti anche da Torino: «Da noi la sentenza della Cassazione in tema di parcheggi a pagamento nei centri cittadini e sull'obbligo di istituire zone di parcheggio gratuito libero non è applicabile». La motivazione è attribuita al comma 8 dell'articolo 7 del Codice della strada che, come ricordato dai Comandi dei vigili urbani prevede «che non sussista l'obbligo dei parcheggi gratuiti per le zone pedonali, le ZTL, e per le zone di particolare rilevanza urbanistica opportunamente individuate e delimitate dalla Giunta comunale nelle quali sussistano esigenze e condizioni particolari di traffico».
Di diverso avviso le associazioni dei consumatori secondo le quali la decisione della Suprema corte è «rivoluzionaria» e porterà «guai» ai comuni perché li costringerà a considerare anche i parcheggi liberi: «Senza contare che ora almeno il 50% delle multe è impugnabile». Secondo Codacons, Adiconsum e Telefono Blu, infatti, «sono tanti gli articoli del Codice della strada non rispettati dai Comuni, a cominciare da quello secondo il quale il 50% dei proventi delle multe deve essere destinato al miglioramento della circolazione e all'educazione stradale».
Di solito, però, mentre per i cittadini che non rispettano il codice c'è giustamente una multa, per i Comuni non ci sono mai conseguenze negative. Ora la svolta (ma, visto il tema, si potrebbe parlare di «convesione a U») della Cassazione: se non ci sono posti liberi accanto ai posteggi a pagamento si può impugnare la multa. Il che, tradotto in soldoni, secondo stime attendibili, vuol dire che il 50% delle multe comminate nelle città è impugnabile dinanzi ai giudici di pace, ovviamente se non sono già scaduti i 60 giorni. Questo per la semplice ragione che nella gran parte delle città le amministrazioni hanno esteso i parcheggi a pagamento nella quasi totalità del territorio, senza alcun criterio logico.

Anche laddove sono previste delle eccezioni, ossia zone a traffico limitato, aree pedonali e aree di particolare rilevanza urbanistica, i comuni dovranno dimostrare che ci si trova effettivamente dinanzi a zone di questo tipo.
Basterà per non prendere più mezza città e farne un unico posteggio a pagamento?
Nino Materi

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