LA NUOVA PARIGI Cantieri aperti alla Ville Lumière

Dalle Halles ai palazzi storici che erano la «cittadella» dei giornali. Così sta cambiando la capitale francese

da Parigi
Hanno traslocato zitti zitti. Quasi per non dare fastidio a un quartiere che ormai è cambiato in modo clamoroso. Hanno abbandonato le scrivanie e i vecchi uffici carichi di storia. Anche quel gigantesco scantinato, alto come un palazzo di tre piani, si prepara a un nuovo destino. Una caverna di Alì Babà da cui spuntavano ovunque fili elettrici e materiali arrugginiti. Un buco impressionante in cui c’era in altri tempi una delle rotative più efficaci del mondo. Ormai la redazione del quotidiano Le Figaro ha traslocato dallo storico palazzo di rue du Louvre, costruito a forma di nave all’inizio del ’900 e passato attraverso mille peripezie.
Lì si sono stampati alcuni dei quotidiani più celebri del periodo tra le due guerre. Lì si sono stampati i giornali del periodo dell’occupazione tedesca e lì - all’indomani della Liberazione - si sono installati alcuni quotidiani filo-gollisti. Poi il palazzo ha ospitato la redazione del quotidiano L’Humanité e il 5 marzo 1953 è stato interamente listato a lutto - con stoffe nere lunghe centinaia di metri - per la morte di Stalin. In seguito la «nave» ha cambiato rotta: è diventata il quartier generale di Robert Hersant, principale editore del centrodestra, e - anche dopo la sua morte e dopo il passaggio del Figaro al gruppo Dassault - ha continuato a ospitarne gli uffici.
Il trasloco del Figaro è la fine di un’epoca ruggente del giornalismo francese, in cui quasi tutti i quotidiani e i settimanali erano concentrati nello stesso quartiere, ai due lati della rue Réaumur, vicino alla Borsa. Oggi quei vecchi palazzi hanno tagliato il loro cordone ombelicale col mondo dell’informazione. I giornali non hanno più bisogno d’essere nello stesso quartiere e le loro tipografie sono sparse intorno a Parigi. I palazzi storici del mondo della stampa ospitano immensi negozi di prodotti tessili e di prêt-à-porter, la nuova attività dominante in questa parte di Parigi.
Siamo a due passi dalle vecchie Halles, i mercati generali celebri nella Belle Epoque. Sulla riva destra della Senna c’erano allora questi tre quartieri ben distinti e vivacissimi: quello del commercio all’ingrosso, quello di Palais Brongniart (lo stabile neoclassico della Borsa parigina, sorto nel 1824 e divenuto oggi uno spazio di lusso per feste e convegni) e appunto quello dei giornali. Acqua passata. Resta qualche ricordo, come il bistrot della rue Montmartre in cui Jean Jaurès venne assassinato nell’estate 1914. Un gruppo di donne, cameriere comprese, s’è battuto anima e corpo per evitarne la chiusura.
È uno dei pochi ricordi “vivi” del vecchio quartiere dei giornali. Parigi cambia in fretta. Lì vicino, la zona delle Halles sta per vivere la sua seconda rivoluzione dopo la radicale trasformazione degli anni Settanta, personalmente voluta dall’allora presidente della Repubblica Georges Pompidou. Le Halles sono state rase al suolo e al loro posto si è sviluppato nel sottosuolo un imponente sistema di negozi, cinema, stazioni del metro e parcheggi, sovrastato in superficie da un giardino un po’ rachitico. Proprio in quello spazio - allora in attesa di ristrutturazione - il regista Marco Ferreri girò nel 1973 Non toccare la donna bianca.
Quell’immenso insieme rettangolare - dominato, su uno dei suoi lati corti, dal Beaubourg realizzato dall’architetto Renzo Piano - ha sempre destato qualche perplessità nei parigini. Oggi le Halles sono la vera porta di Parigi perché lì s’incrociano nel sottosuolo le principali linee del metro regionale (RER), che percorrono per centinaia di chilometri il dedalo dell’immensa (11 milioni d’abitanti) regione parigina (mentre Parigi ha solo 2,1 milioni di abitanti).
Insomma, i parigini volevano cambiare le Halles e adesso le Halles si preparano a cambiare, cosa che ovviamente non ha nulla a che vedere con le attività culturali del vicino Beaubourg. Tra qualche mese cominceranno i lavori per la risistemazione completa sulla base del progetto dell’architetto francese David Mangin. Spesa prevista dal Comune: 200 milioni di euro. Dopo essere state il simbolo degli errori urbanistici degli anni Settanta, le vecchie Halles si preparano a vivere la loro terza giovinezza in poco più di un secolo.
Pompidou, che aveva voluto distruggere i giganteschi capannoni metallici dei vecchi mercati generali (uno solo è sopravvissuto, rimontato appena fuori Parigi, vicino alla Marna), volle lasciare il proprio segno nella capitale attraverso un’ambiziosa realizzazione architettonica e culturale. Per Pompidou si trattò del Beaubourg (inaugurato dal suo successore Valéry Giscard d’Estaing), per Giscard si trattò del Museo d’Orsay (inaugurato dal suo successore François Mitterrand) e per Mitterrand di una raffica di iniziative tra cui: Teatro dell’Opéra Bastille, ristrutturazione del Louvre, piramide di vetro dell’architetto Pei, Istituto del mondo arabo, Museo della scienza e nuova biblioteca nazionale.
Quest’ultima si trova a est di Parigi in una zona in rapida trasformazione sulle due rive della Senna. Un tempo i ministeri finanziari avevano sede al Louvre (nell’ala del palazzo che dà sulla rue de Rivoli), ma oggi si trovano proprio nel complesso che domina la Senna nel quartiere di Bercy. Sulla riva opposta del fiume, quella sinistra, ci sono le quattro torri della grande biblioteca dedicata a Mitterrand. Adesso si è saputo che proprio lì davanti nascerà nella Senna l’attesissima «piscina fluviale» di Parigi. Lì un tempo si trovavano le installazioni portuali, silos, magazzini del carbone. Adesso lo spazio vale oro e viene sfruttato con interventi urbanistici molto decisi.
Anche l’attuale presidente Jacques Chirac, che terminerà il mandato nella primavera del 2007, si prepara a lasciare il segno nell’urbanistica della capitale, della quale è stato sindaco dal 1977 al 1995, quando è entrato all’Eliseo. Sulla riva sinistra della Senna, vicino alla Tour Eiffel, Mitterrand voleva costruire un grande «centro stampa», punto d’incontro tra giornalisti francesi e stranieri, ma l’allora sindaco Chirac si oppose. Una volta entrato all’Eliseo, Chirac annullò il progetto del predecessore e decise di creare su quello spazio un nuovo museo, dedicato all’arte di Africa, Oceania, Asia e America precolombiana.
Siamo sul «quai Branly» e il futuro centro culturale viene ormai chiamato comunemente «Museo del quai Branly». Il palazzo viene completato a ritmo molto intenso e sembra inserirsi bene nel paesaggio di questa parte di Parigi. L’idea dell’architetto Jean Nouvel è di creare un «muro verde», ossia una facciata coperta di rampicanti e circondata da alberi. Sarà un museo molto particolare, con 300mila oggetti presentati su una superficie di 39mila metri quadrati. L’inaugurazione è prevista per l’anno prossimo.
Sempre l’anno prossimo (anno preelettorale...) i parigini ritroveranno due palazzi storici, reduci da un periodo di delicata ristrutturazione: il Petit Palais e soprattutto il Grand Palais, nati per l’Esposizione universale del 1900.

Ancora nel 2006 l’attuale giunta comunale inaugurerà l’opera pubblica di cui più va fiera: il «tram dei marescialli», così chiamato perché si snoda su una circonvallazione interna (dal ponte di Garigliano, dove c’è il palazzo della televisione pubblica, alla porte d’Ivry) le cui strade portano i nomi di alcuni illustri marescialli di Francia.

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