Nuova sfida di Chavez: supertassa alle aziende petrolifere straniere

L’annuncio a una settimana dalle nazionalizzazioni decise dal suo collega e alleato boliviano Morales

Roberto Fabbri

Centinaia di milioni di dollari quest’anno e oltre un miliardo nel 2007. È quanto conta di far incamerare all’erario il presidente venezuelano Hugo Chavez attraverso nuove disposizioni fiscali a carico delle compagnie straniere che estraggono petrolio dal ricchissimo bacino dell’Orinoco.
Chavez ha utilizzato il suo spazio radiofonico domenicale «Alò presidente» per rendere nota la sua intenzione di aumentare dal 34 al 50 per cento l’imposta sul reddito delle compagnie straniere e di istituire inoltre una nuova «imposta sull’estrazione del petrolio» i cui dettagli non sono ancora stati precisati (si parla di un terzo del valore del prodotto): i nuovi tributi entreranno in vigore non appena il Parlamento di Caracas, saldamente controllato dai fedeli del presidente filocastrista, avrà votato le necessarie modifiche alla legge sugli idrocarburi.
«Le imprese che attingono petrolio in Venezuela - ha detto Chavez alla radio spiegando le ragioni dell’aggravio fiscale - stanno guadagnando molto denaro. Questa decisione porta avanti la nostra piena sovranità petrolifera».
L’annuncio di Chavez giunge a una settimana esatta dalla nazionalizzazione di petrolio e gas naturale decisa in Bolivia dal presidente Evo Morales, altro protagonista della svolta nazionalista antiglobalizzazione in atto in diversi Paesi sudamericani. «Sono entrambe misure che mirano ad arricchire i nostri Paesi», ha detto ieri Chavez, precisando che Venezuela e Bolivia hanno scelto norme diverse. Resta però il fatto che Morales aveva annunciato i provvedimenti di nazionalizzazione al ritorno da un viaggio a Cuba cui aveva partecipato lo stesso Chavez.
Il presidente venezuelano, deciso a rinverdire nella sua persona il mito di Simon Bolivar, è in una fase di iperattivismo anche sulla scena internazionale e domani sarà in Europa dove vedrà anche il Papa. Oltre che con Cuba e la Bolivia, intrattiene rapporti molto stretti col Brasile del presidente Lula, che pure ha il problema di salvaguardare gli interessi della compagnia petrolifera nazionale Petrobras; e non manca di esprimere apertamente la propria simpatia per Ollanta Humala, il candidato populista-nazionalista al ballottaggio presidenziale che si terrà in Perù il 4 giugno. Una simpatia ingombrante, che secondo i sondaggi rischia di portare alla sconfitta Humala. Il quale si sforza di negare di avere legami con Chavez, che a sua volta ha richiamato il suo ambasciatore da Lima dopo le proteste peruviane di ingerenze nei suoi affari interni.


Durante la sua trasmissione di propaganda personale, il presidente Chavez non ha mancato anche ieri di avvertire gli Stati Uniti che il Venezuela «è pronto a una guerra di resistenza». «Siamo pronti a resistere a qualsiasi aggressore, non ci intimidiranno, non abbiamo paura di nessuno», ha gridato il presidente petroliere. Che se davvero non avesse paura griderebbe un po’ meno, però.

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