Un nuovo terremoto giudiziario sconvolge il Pd Indagato Filippo Penati: "Tangenti in contanti"

Il capo della segreteria politica di Bersani ed ex presidente della Provincia di Milano fra 2001 e 2002 avrebbe preso mazzette per 4 miliardi di lire, in parte finiti al partito. Nel mirino per le aree Falck quindici fra funzionari e imprenditori. C'è anche un assessore del Comune di Sesto San Giovanni

Un nuovo terremoto giudiziario sconvolge il Pd  
Indagato Filippo Penati: "Tangenti in contanti"

Milano Corruzione, concussione e finanziamento illecito ai partiti. L’ultimo terremoto giudiziario esplode all’alba di ieri. La Guardia di finanza entra in casa e negli uffici di Filippo Penati, vicepresidente del consiglio regionale lombardo, ex presidente della Provincia di Milano, uomo forte del Pd al Nord.

Penati è accusato di aver preso tangenti per circa 4 miliardi di lire tra il 2001 e il 2002 (e di aver proseguito nell’illecito fino al dicembre dello scorso anno) per gli affari multimilionari legati alle riqualificazioni di due ex aree industriali tra le più grandi d’Europa, e sui servizi di trasporti dei comuni dell’Alto milanese. Con Penati, finiscono sotto inchiesta anche Giordano Vimercati (già capo di gabinetto della ex giunta provinciale), e Pasqualino Di Leva, ormai ex assessore al Bilancio (si è dimesso ieri) del comune di Sesto San Giovanni, di cui Penati fu sindaco dal 1994 al 2001. Una quindicina, in totale, gli indagati, tra funzionari, tecnici e imprenditori, inclusi due professionisti legati alle coop rosse. E tra loro, secondo quanto risulta al Giornale, c’è anche l’attuale sindaco di Sesto, Giorgio Oldrini, subentrato proprio a Penati nel 2002.

Il decreto di perquisizione firmato dai pm di Monza Walter Mapelli e Franca Macchia parla di «gravi indizi di colpevolezza costituiti dalle dichiarazioni dei coindagati, delle persone informate sui fatti e delle parti offese, dai riscontri ottenuti con rogatorie all’estero e dai documenti reperiti nel corso delle perquisizioni» effettuate negli ultimi mesi.

I militari del Nucleo di polizia tributaria della Gdf di Milano hanno sequestrato carte e computer, scritture private, documenti contabili e bancari. L’ipotesi degli investigatori è che - nel 2001 - sia stata versata la maxi-tangente da 4 miliardi per aggiustare le varianti alla riconversione dell’area ex Falck, all’epoca di Giuseppe Pasini. Pasini (indagato) è stato proprietario dal 2001 al 2005 dei terreni (poi acquisiti dalla «Risanamento» di Luigi Zunino e ceduta lo scorso anno alla «Sesto Immobiliare», del costruttore Davide Bizzi) e un anno fa si è presentato in Procura a Milano, raccontando di essere stato «vittima di soprusi», dichiarandosi concusso e facendo i nomi proprio di Penati e Vimercati. E parte di quella tangente, poi, sarebbe finita nella disponibilità del Pd. Secondo lo schema degli investigatori, al ruolo politico di Penati si sarebbe affiancato quello tecnico di Vimercati, considerato la mente finanziaria delle operazioni. Altre mazzette, poi, sarebbero state versate fino al dicembre del 2010 su conti esteri a società intestate a prestanome, ma ancora una volta riconducibili agli uomini di Penati. «Sono sereno e non ho nulla da temere - dice ora l’esponente del Pd -, tutto verrà chiarito».

L’inchiesta è una costola di quella che nel 2009 portò all’arresto del re delle bonifiche Giuseppe Grossi, finito nei guai per i lavori di riqualificazione del quartiere milanese di Santa Giulia. I nomi dell’ex Falck e della Ercore Marelli erano già emersi, ma ora la Procura di Monza ha iniziato a seguire pista del denaro. Soldi che sarebbero stati versati o promessi per spartirsi l’enorme torta delle varianti al Piano di governo del territorio e «oliare» il rilascio di alcune concessioni edilizie sugli storici terreni industriali.

Centinaia di migliaia di metri quadri su cui investire, inclusa una piccola porzione ceduti all’amministrazione dalla Caronte srl, società di trasporti che ha avuto un lungo

contenzioso con la «concorrente» milanese Atm e che nel giungo del 2010 ha presentato un esposto per turbativa d’asta e frode nelle pubbliche forniture, ma il cui titolare - Pietro Di Caterina - è finito ieri sotto inchiesta.

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