Ma ora l’Italia guida la task force nel Golfo

Gli Usa hanno affidato alla nostra flotta il controllo della sicurezza navale

Fausto Biloslavo

Da meno di una settimana l’Italia è al comando di un gruppo navale nel Golfo Persico, nel contesto della «guerra» internazionale al terrorismo lanciata dagli americani in Afghanistan e la sinistra radicale punta i piedi per non votare il rifinanziamento della missione. Non solo: fra i compiti italiani è prevista la scorta di «unità logistiche e mercantili» attraverso lo stretto di Hormuz, che possono essere dirette o provenienti dall’Irak.
Dal 28 giugno il controammiraglio Salvatore Ruzittu è il nuovo comandante della Combined task force 152, un gruppo navale che nel contesto della missione «Enduring freedom» garantisce la sicurezza delle rotte marittime nel Golfo Persico centromeridionale. Il passaggio di consegne è avvenuto nel quartiere generale della V flotta Usa a Manama nel Bahrein e per questa Task force si tratta del primo comando italiano dopo americani ed inglesi. La Marina partecipa all’operazione che durerà sei mesi, con due unità, la nave Etna e la Comandante Foscari per un totale di 343 uomini, che sono partiti da Taranto l’8 giugno. La prima è l’unità comando, appositamente attrezzata, con a bordo reparti di fanti di Marina del Reggimento San Marco ed incursori. Fra i loro compiti è previsto l’abbordaggio di navi sospette, che potrebbero trasportare armi o terroristi di Al Qaida, bonifica dei fondali in caso di segnalazione di mine e protezione delle navi nei porti. Il Comandate Foscari è un pattugliatore di squadra che dispone di un armamento particolarmente indicato per contrastare minacce come piccole, ma veloci unità di superficie. Al Qaida ha già utilizzato nel golfo di Aden dei barchini minati contro la nave da guerra americana Uss Cole riuscendo quasi ad affondarla. Inoltre l’intelligence Usa segnala che i pasdaran iraniani hanno addestrato volontari kamikaze a bordo di moderni torpedo, pronti a lanciarsi contro le unità occidentali nel Golfo Persico in caso di bombardamento degli impianti di arricchimento dell’uranio di Teheran. L’area di operazioni più delicata della task force italiana è il vitale stretto di Hormuz dove americani ed iraniani si sono già scontrati in passato. Quella italiana è una delle tre task force navali, sotto il comando Usa di Tampa, in Florida, (Centcom), che operano dalle coste pachistane a quelle somale per garantire le vitali rotte mediorientali. Alle navi italiane possono venire aggregate, a seconda della necessità, anche altre unità, delle 17 diverse nazioni impegnate nell’area sotto il cappello di Enduring freedom.
L’Italia partecipa a questa missione dal 2001 con operazioni di «interdizione di aerea comprensive di controllo ed ispezione al traffico mercantile», recita un comunicato della Marina. In pratica vengono pattugliate le principali linee di comunicazione marittime e controllate le navi in transito, soprattutto per debellare la pirateria ed i traffici illeciti, sia di armi che di droga. Interdizione ed ispezione servono anche a controllare che i terroristi di Al Qaida non cerchino nuovi nascondigli spostandosi via mare.

Inoltre la task force ha il compito di scortare «unità logistiche e mercantili in transito per lo stretto di Hormuz» oltre a quello di «protezione delle piattaforme petrolifere». La scorta può riguardare non solo unità mercantili, ma pure navi militari considerate possibili obiettivi, dirette o provenienti anche dallo strategico porto di Um Qasr, nel sud dell’Irak.

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