Ma ora liberate l'Italia da questi golpisti...

Incitano alla ribellione e sognano una nuova Resistenza: nel giorno in cui si celebra la fine del conflitto civile, vogliono iniziarne un'altra. Sono riusciti a trasformare il 25 aprile nella solita mobilitazione anti Cav

Ma ora liberate l'Italia 
da questi golpisti...

Se questi sono i liberatori, liberateci dai liberatori. Che il 25 aprile fosse diven­tata la festa dell’ideologia ce n’eravamo accorti già da un pezzo, dal momento che ci è sempre riuscito piuttosto diffici­le celebrare la libertà sotto quelle ban­diere rosse, simbolo della peggiore op­pressione che l’uomo abbia mai cono­sciuto. Ma adesso, a dirla tutta, stanno persino un po’ esagerando: più che una festa, vogliono solo far la festa a Silvio. Non hanno altro pensiero, non hanno altra motivazione che li spinga in piaz­za. Sono dei monomaniaci, degli osses­sionati pronti a calpestare tutto ciò che dovrebbero difendere in questa giorna­ta della memoria, pur di andare contro Silvio. Si ricordano le vittime? Loro sono pronti a farne altre. Si celebra la demo­crazia? Loro la prenderebbero a sassate. Si festeggia la fine della guerra civile? Lo­ro la scatenerebbero di nuovo. Ormai quello dell’antiberlusconismo è il 25 aprile che nega se stesso,l’ossimoro del­la libertà, la festa dell’assurdo rosso. E dunque c’è solo un modo per difender­si: liberarsi dai liberatori. Da questi libe­ratori, per lo meno.

Noi ne abbiamo scelti tre, che sono la summa di questa liberazione tradita e usata come arma della violenza anti-de­mocratica: il politico, l’intellettuale e il ragazzotto. Sembra una di quelle canzoni dello «Zecchino d’oro»: il lungo, il corto e il pacioccone. Solo che i tre cowboy (ricordate?) non usavano mai le pistole «perché lo sce­riffo non vuole». Questi tre, invece, non sembrano altrettanto pacifici. Il politico (Di Pietro) approfitta del dì di festa per tornare a paragonare Ber­lusconi ai raìs arabi, invitando le masse alla rivolta. L’intellettuale (Giorgio Bocca) dà una copertura ideologica all’operazione,dichiaran­do ufficialmente che «la violenza nel­la vita sociale è necessaria» e che l’unica soluzione possibile è dun­que quella indicate da Asor Rosa, cioè il golpe. E il ragazzotto, Simone Cavalcanti, alias Spillo89, già arresta­to per aver tentato di assaltare la casa di Berlusconi e prontamente rilascia­to dal giudice, ieri era di nuovo in piazza in un corteo dove non sono mancati scontri e violenze. In nome della Liberazione, s’intende. Serve altro?

Quando Cavalcanti venne ferma­to ad Arcore, il ministro dell’Interno chiese una condanna esemplare. Il magistrato, invece, giudicò il suo comportamento «non grave». Ma si­curo: non è grave dare l’assalto alla casa di Berlusconi, non è grave tirar­gli una statuetta in testa, non è grave scendere in piazza con l’idea di rove­sciarlo in modo violento. Ci manche­rebbe: chi abbatte un raìs non è un criminale, al massimo è un eroe. Un liberatore. A che servono le parole dei ministri? I magistrati sono pronti ad assolvere, il partito dei magistrati pure. Il politico Di Pietro ha già dato il suo giudizio definitivo,l’intellettua­le Bocca ha impartito la sua benedi­zione. Che aspettate ragazzotti? Avanti,datevi da fare.C’è la liberazio­ne, non si può mica andare troppo per il sottile.

Certo, ci sarebbe un piccolo pro­blema: la maggioranza degli italiani, quelli che votano Berlusconi, che l’hanno eletto e lo sostengono, che non vanno in piazza a tirar statuette ma sono ancora convinti che il loro voto conti qualcosa. Illusi. I nuovi li­beratori hanno superato quest’idea. C’è anche Bersani con loro: lui che parla sempre di regole e istituzioni di­mentica che per la Costituzione a eleggere il presidente della Repubbli­ca è il Parlamento. «Berlusconi pun­ta d­ritto al Quirinale e questo fa veni­re i brividi», dice.Alla faccia della Car­ta. È tutto così: quando vedono Silvio non capiscono più niente. Maggio­ranza? Democrazia? Consenso po­polare? Macché. Ci pensa Giorgio Bocca a spiegare a tutti,in un’intervi­sta generosa e sincera come un buon barbera, come stanno le cose: la maggioranza non conta, quello che conta è la «minoranza intellet­tuale». In vino veritas,si capisce:l’im­portante non è ciò che pensa la gen­te, ma ciò che pensano Asor Rosa, Adriano Sofri (che Bocca stima mol­to) e i seguaci di Mao, perché Mao aveva proprio ragione, ci vuole la «ri­voluzione continua». Violenta, s’in­tende, perché si sa che la rivoluzione non è un pranzo di gala. Nemmeno se al posto del barbera ci fosse il baro­lo.

Il fatto è che, barbera o barolo che sia, l’ubriacatura a questo punto è davvero pericolosa. Contagia tutti, si espande, tracima, unisce le «mino­ranze intellettuali » con i manipoli di esagitati, Asor Rosa e i no global, si conforta della protezione della magi­stratura (chi salva Bocca nell’Italia tutta marcia? Ovvio: i giudici), trova sponda in politici senza radici e gon­fi d’odio che confondono Roma con Il Cairo, i Fori Imperiali con piazza Tahrir. Altro che ricordare la fine del­la guerra, qui siamo sul punto di rico­minciarla. E se liberazione dev’esse­re, allora, liberiamoci da questi qui prima che sia troppo tardi. Se dobbia­mo festeggiare la fine della stagione dell’odio e la vittoria della democra­zia, fermiamo questi odiatori anti­democratici che pretendono persi­no di arrogarsi il diritto di decidere chi ha diritto di ribellarsi e chi no.

Non ci credete? Leggete Bocca. Dice che gli italiani devono ribellarsi, i libi­ci di Bengasi invece no. E sapete per­ché? Perché «sono dei brutti ceffi». Proprio così: brutti ceffi. Si fossero mai visti allo specchio lui, Di Pietro e Spillo89.

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