Ora Parigi vuole vestire le viaggiatrici del Duemila

La sfilata di Louis Vuitton in scena ieri pomeriggio a Parigi è stata vista da sette milioni di persone su Facebook in tempo reale. Non si hanno ancora i dati di quanti utenti del social network si siano collegati in seguito per ammirare l'impeccabile spettacolo virtuale di una collezione creata sull'unica realtà della moda: la strada. Quel difficile genio di Marc Jacobs ha infatti detto di essersi ispirato a tutte le gang metropolitane del mondo per costruire un tipo di donna che senza il fermo-immagine del nostro computer ci sarebbe sembrata pronta per il manicomio. Le modelle erano infatti vestite con un'allegra sarabanda di pezzi apparentemente messi a casaccio: le braghette di seta sui pantaloni da ciclista in broccato, il bustier da sera sulla redingote da giorno, le lussuose borse Vuitton con appesa la coda di pelliccia portafortuna dei ragazzacci da strada di New York, in testa delle parrucche afro grandi come palloni, ai piedi degli organismi geneticamente modificati che è difficile chiamare scarpe essendo in legno, pelle, ciuffi di pelo, strisce catarifrangenti, tessuto e Dio solo sa cos'altro ancora. Ma tutto questo che tutto insieme si chiama styling e alla fine è solo un effetto speciale da passerella, una volta isolato dal contesto e studiato ben benino sul web, rivela grandi potenzialità: prodotti nuovi e spesso molto speciali per alimentare il successo della griffe nel mondo.
Anche la sfilata di Alexander McQueen doveva diventare uno spettacolo visibile ai quattro angoli della terra per via della trasmissione in diretta su www.showstudio.com, sito interattivo del fotografo Nick Knight. Peccato che mezz'ora prima dello show Lady Gaga, il fenomeno pop dell'estate per via del brano-tormentone Poker face, abbia pensato bene di anticipare su Twitter una notizia clamorosa per i suoi innumerevoli fan: nella colonna sonora del défilé si poteva ascoltare in anteprima mondiale qualcosa del suo prossimo album. L'eccesso di contatti ha reso praticamente impossibile l'accesso virtuale allo show, ma guardando le immagini su www.style.com, il sito prediletto dagli addetti ai lavori della moda, abbiamo capito una volta di più che McQueen è un grandissimo visionario e tutto sommato non importa se le sue creazioni sono difficili da vendere e portare: ogni tanto bisogna pur sognare a occhi aperti davanti a un vestito spettacolare. «Io sogno un mondo migliore» ci ha raccontato su Skype Ennio Capasa domenica mattina poco prima di mandare in passerella con la sfilata Costume National una moda che è modo di essere e pensare totalmente nuovo e sottilmente femminile. «Le donne oggi hanno il cuore tenero e la scorza dura - ha concluso lo stilista -: bisogna trovare un punto d'equilibrio tra sperimentazione e autenticità, un linguaggio supercreativo e al tempo stesso comprensibile». In poche parole per tingere di verde i fiori che decoravano gran parte dei modelli sotto forma di stampa, lavorazioni fil coupé oppure jacquard, Capasa ha utilizzato certe alghe giapponesi che donano incredibili sfumature luccicanti al colore-principe della natura. Invece per ottenere l'effetto broccato su alcuni jeans tagliati divinamente bene, ha scelto una mischia particolarmente insolita di cotone e lamé. Del resto l'importanza dei materiali nella moda è tale che una delle più belle collezioni di questa tornata parigina seguita dal Giornale grazie alle nuove tecnologie, è stata quella di Lanvin interamente prodotta con tessuti creati dall'uomo: poliesteri al posto della seta, polimeri invece dello chiffon, microfibre che al tatto sembrano pesche mature.
Le trasparenze assassine create da John Galliano per Dior creavano invece un piacevole contrasto con la sensuale durezza mascolina del trench mutuato da un'idea in qualche modo perversa di una moderna Lauren Baccall che indossa e plasma su di sé il capo-simbolo di Humphrey Bogart. Formidabile l'idea del grembiule di pelle trasformato in vestito per l'alta borghesia che veste Saint Laurent. Stefano Pilati stavolta ha fatto metà collezione su questa saggia concretezza dettata dai tempi duri che stiamo vivendo.
C'è un filone naturalista nella moda francese che nessuno ha seguito bene come Giambattista Valli sia nella sua stupenda sfilata in cui si riconoscevano le influenze di artisti come Brancusi, Picasso e Man Ray, sia nella fenomenale collezione creata per la linea Gamme Rouge di Moncler.

Bella e con l'anima la moda di Dries Van Noten, interessante il debutto di Phoebe Filo da Céline, disastroso quello di Linsday Lohan come fashion supervisor della nuova designer di Ungaro disegnata da Estrella Archs e tutta da verificare una stagione in cui non tutti hanno voluto o potuto farsi vedere da lontano.

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