Ora la Procura di Roma indaga sul tesoretto di An

Esposto della storica segretaria di Fini: gestione anomala del patrimonio. L’ipotesi: ammanchi per decine di milioni

Ora la Procura di Roma indaga sul tesoretto di An

Due brutte notizie per gli ex An «titolari» del ricco patrimonio, immobiliare e no, del­la vecchia Fiamma. La prima: la procura di Roma indaga formalmente sulla gestione del tesoretto da svariati milioni di euro a se­guito di un esposto di Rita Marino, storica se­gretaria di Gianfranco Fini. Lo conferma al Giornale il senatore Vincenzo Consolo: «Sì, la signora Marino ha presentato un esposto alla procura di Roma nel quale si fa presente che sono state esau­torate alcune perso­ne dalla gestione del patrimonio ex An e che vi è stato un uso distorto del patrimo­nio che doveva esse­re liquidato e non ge­stito.

Il fascicolo è aper­to, indaga il pm Atti­lio Pisani». La Mari­no punta l’indice su­gli esponenti di An in Pdl Caruso, Valenti­no, Mugnai, Giorda­no, Petri, Gamba, Giordano.Nell’espo­sto si ipotizzerebbe­r­o ammanchi per sva­riati milioni di euro, e i reati sui quali sta­rebbe lavorando il pm sarebbe appro­priazione indebita, malversazione e truffa. La seconda brutta notizia si rifà alla prima: il presidente del tri­bunale di Roma ha nominato due commis­sari liquidatori degli stessi beni di cui parla la segretaria di Fini, contraddicendo una sua stessa decisione di sei mesi fa.

Il «commissariamento per liquidazione» è arrivato a seguito dell’accoglimento di un’apposita istanza proposta nel 2010 dai fi­niani Antonio Buonfiglio (passato recente­mente con Fare Italia) e Enzo Raisi per chie­dere la liquidazione patrimoniale, posto che dopo lo scioglimento di An la gestione delle liquidità prodotte da rimborsi elettora­li, depositi e valori delle case era stato affida­to a un’apposita fondazione.

Secondo quanto trapela dagli uffici giudi­ziari romani, negli ultimi mesi due ispettori del tribunale hanno esaminato, nel detta­glio, l’amministrazione del patrimonio affi­data al comitato di gestione e al comitato dei garanti (a maggioranza ex An, attual­mente nel Pdl) costituiti nell’ultimo con­gresso in attesa di traghettare il tutto in un’apposita Fondazione.

E nelle conclusioni avrebbero ravvisato estremi per una soluzione che va nella dire­z­ione di quella auspicata dalla coppia finia­na. Raisi e Buonfiglio, già un anno fa, aveva­no contestato la corretta operatività dei due comitati che anziché limitarsi «al mero eser­cizio dei poteri di indirizzo e vigilanza» avrebbe via via limitato i poteri degli stessi con modalità, a loro avviso, illegittime, infi­schiandosene di «preservare integro il patri­m­onio attraverso il compimento di atti con­servativi o, al più, migliorativi».

Ovviamente gli ex An rimasti nel Pdl la pensano diversamente, e a nulla sono servi­te le ragioni messe nero su bianco dal «porta­voce », senatore Franco Mugnai, che sei me­si fa aveva convinto lo stesso presidente del tribunale a respingere il ricorso spiegando che era inammissibile e improponibile «perché il Comitato ha operato nel rispetto delle prerogative attribuite loro dal congres­so, in osservanza del mandato di cui era sta­to investito».

Appresa la notizia del commissariamen­to, Mugnai ha parlato di «decisione sconcer­tante » del tribunale «in contrasto con le de­terminazioni del congresso. In essa non si ipotizza in alcun modo comportamenti ille­citi­o fraudolenti degli organi di Alleanza na­zionale. È incomprensibile».

Tutti gli uomini

del presidente della casa di Montecarlo, che nell’inchiesta sull’ap­partamento in uso al cognato se l’è cavata come tutti sanno, cantano vittoria. «Siamo soddisfatti, così evitiamo un nuovo caso Lu­si », gongola Buonfiglio.

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