Ormai Cenerentola è una fiaba banale

C'è ben altro per cui emozionarsi. Per esempio, la beatificazione di Papa Wojtyla. Se c'è chi si commuove per una bella ragazza in carrozza, peggio per lui. Per noi, pietà...

Ormai Cenerentola è una fiaba banale

Per onestà devo subito confessare: mi porto dietro dal­la nascita un insanabile furore repubblicano. Sono irrime­diabilmente fermo all’idea evangelica, poi illuminista, che in natura gli uomini partano uguali: per maturare qualche vantaggio devono sudarselo con le proprie capacità e con tanta fatica. Proprio non riesco a concepire che degli esseri umani siano felici di farsi definire «sudditi» da una famiglia di altri esseri umani. Tutto questo incide davvero, mi crea qualche pesante pregiudizio. Eppure posso garantire che anche se mi cadesse in testa una trave e mi risvegliassi lieta­mente monarchico, giuro, nemmeno in questo caso disgra­ziato potrei pensarla diversamente sulle nozze tra William e Kate: comunque esprimerei un sentitissimo chissenefre­ga.

Loro ovviamente non c’entrano nulla. E tutto sommato non c’entrano nemmeno gli inglesi: se il glorioso popolo è così felice di farsi considerare suddito da una famiglia reale, liberissimo. Io parlo di tutti quelli, noi italiani tra i tanti, che dal di fuori vivono queste nozze come l’evento del secolo, molto più toccante ed emozionante per esempio della bea­­tificazione di quel caro, vecchio ragazzo chiamato Wojtyla.

Partendo da un presupposto piuttosto radicato, che con­sidera il pubblico medio incantatissimo da queste vicende, la macchina dell’informazionesta producendo alla catena di montaggio. Da mesi giornali e tv ci stanno inondando di aggiornamenti decisivi:la lunghezza dello strascico,l’ango­sciante mistero sul viaggio di nozze, l’umore della vecchia regina, la lista degli invitati e soprattutto degli esclusi, gli imperdonabili quarti plebei dei genitori di lei (lavorano da una vita, neppure si vergognano).

Io non so quanto valga,se valga,l’opinione di una presun­ta minoranza, ma voglio comunque esprimerla di vero cuo­re: basta, per favore, di questa bella favola ne abbiamo pie­na l’anima. Si sposassero e avessero un battaglione di figli maschi, però senza doverci sorbire il tutto anche qui in Ita­lia, dove pure avremmo altro per la testa. Certo che sognare aiuta: ma non è necessariamente questo sogno eterno della cenerentola accettata a corte, un sogno talmente visto e rivi­sto da essere diventato banalissimo, che può ancora oggi sollevare gli animi di uomini e donne in giro per il mondo. Voglio credere ci sia spazio per altro. Cito a caso: il sogno di un Nord Africa che davvero riesca a liberarsi dei suoi avidi satrapi, assaporando il gusto unico della libertà. Mi sembra molto più affascinante e romantico. Si può pure sognare qualcosa di meno epocale: la vittoria della Ferrari, lo scudet­to del Napoli, Cassano in nazionale. Ma c’è sogno e sogno, diamine. Davvero nel terzo millennio dobbiamo ancora commuoverci per questa tipa che arriva in carrozza e si atto­vaglia con sua maestà? Se a qualcuno piace il genere, padro­nissimo. A noialtri però la libertà di non poterne più. Per pietà, fateci respirare. Neanche fosse nostra,questa inaffon­dabile famiglia reale ( fortunatamente, la nostra è impegna­ta soltanto a far numero sull’ Isola dei famosi, accanto alla duchessa Ventura).

Popolo repubblicano, teniamo duro. Ci sorregge una consolazione: ancora poche ore e il supplizio finirà. Final­mente riusciremo tutti a rimetterci comodi, dedicandoci a qualcosa di più serio, di più attuale, di più nostro.

Ma sia chiaro: anche noi dobbiamo augurarci che il matrimonio sia solido e felice. Nemmeno voglio pensare all’eventuali­tà che un giorno trapelino i primi dissapori. Impossibile dimenticare come ci hanno ridotti con le grane coniugali tra Carlo e Diana.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica