Oscar, «Private» di Costanzo rappresenterà l’Italia

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Michele Anselmi

da Roma

A sorpresa, ma neanche tanto, Private di Saverio Costanzo è stato designato per rappresentare l'Italia nella corsa all'Oscar. Ci si chiede se un film visto in Italia da appena 58mila persone, per un incasso totale di 319mila euro, sia il titolo più adatto a sfidare l'agguerrita concorrenza straniera, oltre novanta le nazioni in lizza, nella speranza di farsi strada nella cinquina riservata al «foreign language movie». Certo, l'opera prima firmata dal figlio di Maurizio Costanzo ha vinto il Pardo d'oro a Locarno 2004, il Nastro d'argento, il David di Donatello, il Ciak d'oro. Mai debutto fu così premiato e osannato, benché ci sia chi continua a nutrire qualche dubbio sulla pretesa equidistanza politica del film: una storia ambientata nei Territori occupati (ricreati in Calabria), con i soldati israeliani, dipinti come bellicosi e inesperti, che occupano una villetta sgarruppata dove resiste, con gandhiana pazienza, un professore palestinese di letteratura insieme alla sua famiglia. Costanzo ha sempre respinto l'accusa, in verità incongrua, di antisemitismo, dichiarandosi «assolutamente onesto e scevro da ogni tentazione ideologica». È vero, però, che il film, girato in arabo, ebraico e inglese, ma doppiato da noi in modo piuttosto discutibile, cioè facendo parlare i palestinesi in italiano, per accentuarne la familiarità, uscirà negli Usa distribuito dalla Arab Film. Il che vorrà pur dire qualcosa.
«Non significa proprio niente», si difende il produttore Mario Gianani, 35 anni. «L'Arab Film non è mica Al Qaida: distribuisce cinema d'arte iraniano e mediorientale. Il nostro film sceglie una soggettiva, un punto di vista, ma senza partigianeria, cercando di raccontare il dolore altrui». Quanto a Costanzo, 30 anni appena compiuti, ecco la sua reazione alla notizia: «Sono meravigliato, stupito e onorato. Una gioia che condivido con gli attori israeliani e palestinesi e il protagonista della vera storia. Non so se il film possieda le caratteristiche per ottenere una nomination, ma non ci penso più di tanto: sorrido, anzi, all'idea dell'Academy che si occupi di Private». Intanto sta rifinendo la sceneggiatura di un nuovo progetto, ancor più ambizioso: quel In memoria di me, ambientato in un seminario gesuita, tratto dal romanzo di Furio Monicelli.
Per tornare alla votazione, Bernardo Bertolucci, padre nobile della commissione che ha partorito il verdetto, 14 contro 3, s'è detto «pienamente soddisfatto del risultato»: il quale, nel premiare un piccolo film indipendente e politically correct targato Istituto Luce, allontana dalla decisione sospetti e veleni degli ultimi giorni. Stando così le cose, non sorprende che il favorito La bestia nel cuore sia rimasto escluso dal ballottaggio finale, mentre Manuale d'amore, la commedia di Veronesi campione di incassi, s'è presa una rivincita arrivando seconda nello spoglio.
Adesso la parola passa ai giurati dell'Academy. Il prossimo 31 gennaio sapremo se Private concorrerà alla 78esima edizione degli Oscar, la cui serata di premiazione è fissata per il 5 marzo. È dal 1998, anno di La vita è bella, che non accade, e tutti sanno che l'Academy, appena sente puzza di bruciato, cassa il film. Magari l'esordiente Costanzo riuscirà dove hanno fallito Moretti e Giordana, Amelio e Piccioni.

Sarebbe una buona notizia, benché lo spettacolo offerto dal sistema di designazione reintrodotto dall'Anica non induca all'ottimismo. Nel dubbio, meglio tornare al consesso allargato fornito dai mille giurati del David di Donatello: più democratico e soprattutto al riparo da colpi di mano, veri o presunti.

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