Paola Fucilieri
Dieci coltellate sferrate per uccidere, una domenica sera di due anni fa, di ritorno dalla preghiera del tramonto. Fece scalpore, in un periodo di forte tensione religiosa, il tentato omicidio di Ali Abu Shwaima - 56 anni, presidente del centro islamico di Segrate ed emiro della moschea Al Raham (Il Misericordioso) - aggredito il 19 aprile 2004, poco dopo le 20 e 30, appena fuori dalla moschea di Segrate, in via Cassanese. Vittima di un «fanatico marocchino», Mohammed Mouraki, un vagabondo dai modi e dallabbigliamento del mendicante, oggi 30enne, riconosciuto subito nello strano individuo che allora, da qualche mese, frequentava la moschea, fuggito nei campi dopo lagguato e da allora introvabile. Una latitanza che ieri non ha impedito ai giudici della settima sezione del tribunale di condannarlo a 8 anni di reclusione dopo che il pm Giuseppina Barbara ne aveva chiesti 10.
Era stato lo stesso «dottore» - come viene chiamato da tutti Shwaima, cittadino italiano da oltre trentanni - dal suo letto dospedale al San Raffaele a bollare lattentato che aveva fatto temere per la sua vita un «agguato premeditato». Il «dottore» conosceva bene il suo assalitore. Un uomo che, si scoprì dopo, dava segno di soffrire di squilibri psichici, facile da manovrare, da incoraggiare nel suo estremismo e ben noto tra i musulmani della zona per il fanatismo religioso che lo aveva spinto a esternare in pubblico il suo pensiero. Un vagabondo, un disadattato, con una lunga barba scura e laria del mendicante. Che non aveva esitato a minacciare direttamente lemiro, apostrofandolo davanti a tutti come «un uomo da colpire, da eliminare perché non è un buon musulmano, anzi: è un nemico della causa islamica».
Parole che, secondo lemiro stesso, miravano a screditare e colpire lazione di apertura e dialogo della comunità di Segrate. In nome della quale Shwaima interveniva spesso ai talk show televisivi con posizioni moderate. Posizioni che gli avevano inimicato gli oltranzisti che lo giudicavano, in tempi di crisi internazionale, di «non difendere abbastanza i valori dellIslam».
A dargli un volto, un nome, a ricostruire qualche brandello della storia di Mouraki per gli investigatori della Digos che avevano preso in mano il caso erano stati, subito dopo lattentato, i frequentatori della moschea che affollavano il pronto soccorso per avere qualche notizia sulla salute di Shwaima.
Il clima si fece teso per un po perché in quei giorni la Lega aveva sollecitato aspramente la chiusura dei centri islamici, compreso quello di Segrate.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.