Il Papa e le omelie «creative»: basta con i parroci superstar

RomaBasta con le omelie «generiche e astratte», che nascondano la semplicità della Parola di Dio, ma basta anche con le «inutili divagazioni» che rischiano di mettere al centro dell’attenzione il predicatore superstar, invece che ciò che dice. L’omelia deve lasciar parlare Dio e anche chi la pronuncia, deve farsi interrogare dalla Parola ascoltata, perché, come scrive sant’Agostino, «È indubbiamente senza frutto chi predica all’esterno la parola di Dio e non ascolta nel suo intimo».
Benedetto XVI ha reso nota ieri l’esortazione postsinodale Verbum Domini, che sintetizza e rilancia il lavoro del Sinodo dell’ottobre 2008 dedicato alla Parola di Dio. Un documento lungo e articolato, che in un passaggio richiama alla loro grande responsabilità i sacerdoti. Questi, scrive il Papa, «devono evitare omelie generiche ed astratte, che occultino la semplicità della Parola di Dio, come pure inutili divagazioni che rischiano di attirare l’attenzione sul predicatore piuttosto che al cuore del messaggio evangelico. Deve risultare chiaro ai fedeli che ciò che sta a cuore al predicatore è mostrare Cristo, che deve essere al centro di ogni omelia. Per questo occorre che i predicatori abbiano confidenza e contatto assiduo con il testo sacro; si preparino per l’omelia nella meditazione e nella preghiera, affinché predichino con convinzione e passione».
Chiunque frequenti le messe domenicali, sa bene come spesso e volentieri lo spazio dell’omelia diventi spunto per riflessioni sganciate dalle letture, in qualche caso per invettive, spesso interamente dedicate alle conseguenze morali o sociali dell’insegnamento evangelico, finendo per considerare sempre scontato il dato di fede. C’è bisogno di più cura e di più attenzione, si legge nel documento papale. Mentre in libreria un volume del teologo don Nicola Bux («Come andare a Messa e non perdere la fede», Piemme) pubblica tra l’altro anche i consigli ai predicatori di uno scrittore e di un giornalista che sa farsi ascoltare. Messori consiglia al prete di predicare secondo queste tre regole auree del giornalismo: semplificare, personalizzare, drammatizzare.
Benedetto XVI fa sue, come indicazione, le domande che il Sinodo ha suggerito stiano alla base di ogni omelia: «Che cosa dicono le letture proclamate? Che cosa dicono a me personalmente? Che cosa devo dire alla comunità, tenendo conto della sua situazione concreta?». E non manca un richiamo alla «testimonianza della propria vita», dato che «nel sacerdote di Cristo la mente e la parola si devono accordare». Una particolare attenzione Papa Ratzinger la chiede anche nei canti che accompagnano la celebrazione, «favorendo» quelli di «chiara ispirazione biblica» che esprimano «mediante l’accordo armonico delle parole e della musica, la bellezza della Parola divina». In questo senso, continua il Pontefice, «è bene valorizzare quei canti che la tradizione della Chiesa ci ha consegnato e che rispettano questo criterio. Penso in particolare all’importanza del canto gregoriano».
Benedetto XVI sottolinea l’importanza della mediazione della Chiesa nell’interpretazione della Bibbia, e chiede che questa non venga «secolarizzata» in chiave positivista, svuotandola dello sguardo che nasce dalla fede e spiegando in altro modo ogni elemento divino, riducendo così «tutto all’elemendo umano».
Nell’esortazione, Ratzinger rinnova l’appello perché i governi delle nazioni garantiscano a tutti libertà di coscienza e di religione, anche di poter testimoniare la propria fede pubblicamente», ricordando i cristiani perseguitati. E ripete che «la religione non può mai giustificare intolleranza o guerre», perché «non si può usare la violenza in nome di Dio».

Infine, il Papa chiede ai cattolici di essere coerenti se vogliono risultare credibili e rilancia la nuova evangelizzazione, nella consapevolezza «che quanto è rivelato in Cristo è realmente la salvezza di tutte le genti», e «ogni persona del nostro tempo, lo sappia oppure no, ha bisogno di questo annuncio».

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