La Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson, fondata nel 1993, è il primo ente privato italiano senza fini di lucro dedicato alla ricerca sulla malattia di Parkinson e sui parkinsonismi con l'obiettivo di guarire e non solo curare i pazienti. Le linee di ricerca seguono quattro direttrici: identificare farmaci che possano bloccare la progressione dei disturbi, individuare test diagnostici per riconoscere la malattia prima che si presentino i sintomi motori e applicare trattamenti multipli, verificandone sul campo la sicurezza.
In quasi trent'anni la Fondazione ha pubblicato oltre 300 lavori scientifici e ha sostenuto progetti rilevanti come il Registro di patologia della Malattia di Parkinson presso il Centro del Pini-Cto a Milano, come la banca di tessuti nervosi (encefali) e la banca genetica che contiene 9.000 campioni di pazienti e soggetti sani. Con i il professor Gianni Pezzoli, neurologo, presidente della Fondazione Grigioni e già direttore del Centro Parkinson del Pini-Cto, abbiamo cercato di avvicinarci a questa eccellenza scientifica italiana.
Professor Pezzoli, quali sono i dati della malattia di Parkinson in Italia?
«È una malattia poco conosciuta, associata al tremore degli anziani ma può colpire anche i giovani. Ci sono più giovani ammalati di Parkinson che affetti da sclerosi multipla. Il 5% dei nostri pazienti ha meno di 42 anni. Questo implica che su 4-500mila soggetti affetti da Pakinson e parkinsonismi in Italia circa 20-25mila sono soggetti giovani. L'esordio della malattia, poi, si verifica intorno ai 60 anni e, dunque, non nella terza età. L'incremento della vita media a livello mondiale, inoltre, incrementerà l'incidenza delle malattie neurodegenerative e questo porta a stimare un raddoppio del numero dei pazienti Parkinson al 2040».
A che punto sono le terapie? Quali obiettivi si pone la Fondazione in quest'ambito?
«A livello terapeutico utilizziamo farmaci che sono usciti una trentina-quarantina d'anni fa che controllano bene la malattia nei primi 5 anni, un po' meno bene nei secondi cinque e con efficacia ridotta nei terzi cinque anni. In seguito utilizziamo terapie chirurgiche e terapie infusionali. L'obiettivo della Fondazione è individuare farmaci che siano in commercio come gli antidiabetici e antiprostatici e che abbiano prospettive di utilizzo per ridurre la progressione naturale della malattia. Intendiamo avere dimostrazioni impeccabili che questi farmaci funzionino e presto daremo notizie importanti».
E, invece, dal punto di vista diagnostico?
«Occorre individuare il paziente prima che esordisca la malattia. Il Parkinson di norma insorge 5-8 anni prima che si abbiano sintomi motori e quindi si può fare in modo che non progredisca oppure se il paziente manifesta già i primi sintomi, se ne può ritardare lo sviluppo».
Un impegno importante.
«La Fondazione Grigioni svolge una grande quantità di iniziative che molti giudicano incredibile se rapportata al finanziamento del 5 per mille dal quale riceviamo circa 1,5 milioni di euro ogni anno. Ecco perché ora siamo impegnati a sensibilizzare il maggior numero di contribuenti: il Parkinson, infatti, riguarda tutti».
Come si può sostenere ulteriormente la vostra causa?
«La cosa più importante sarebbe dedicare alla ricerca lasciti testamentari.
Non ci si può aspettare dai governi che risolvano i problemi di migliaia di malattie né che le aziende farmaceutiche - a cui dobbiamo molta gratitudine - si impegnino in business potenzialmente non profittevoli. Se si vuole combattere il Parkinson, bisogna aumentare l'impegno nella ricerca dove gli italiani sono i più bravi del mondo».
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