Parlare è un diritto, soprattutto di chi ha qualcosa da dire

Strani tempi strani comportamenti. Pensavamo di non avere nessun particolare interesse per altri scritti e diari di Mussolini, le cui opere complete sono molti volumi illeggibili e mai più letti. E invece la mia intelligentissima sorella, senza veli e pregiudizi ideologici, ha deciso di pubblicare quei Diari che sembravano predestinati a Mondadori e che, per la loro incerta autenticità, mettevano in imbarazzo molti editori. Effettivamente quei Diari, ancor meglio se fossero apocrifi, e la cui autenticità è dunque ininfluente, sono resi ancora (...)
(...) più attraenti e desiderabili per il loro scopritore: Marcello Dell’Utri.
È lui che condiziona la loro natura. E dalla considerazione e da un pregiudizio che si ha su di lui deriva il prevalente dubbio su di loro, intendo i diari. Immaginiamo che li avesse trovati e presentati, sia pure senza avere certezza della loro autografia, Carlo Ginzburg o Claudio Magris o Lucio Villari. In questo caso il presentatore con il suo credito avrebbe giocato a favore dell’opera. Ma il dibattito sarebbe stato più accademico, meno animoso, meno scandalizzato, né sarebbe sembrato scandaloso che un editore assumesse il rischio della pubblicazione nell’incertezza dell’autenticità. Ma è evidente che il loro valore sarebbe accresciuto se si trattasse di fiction. E c’è uno straordinario e fortunatissimo precedente: Yossl Rakover si rivolge a Dio di Zvi Kolitz, il finto manoscritto di un ebreo morto nel ghetto di Varsavia nel 1943. In realtà è opera di uno straordinario giornalista, concepita con straordinaria verosimiglianza nel 1952. Ma non è questo che ora interessa. Bensì l’incredibile, ma prevedibile episodio occorso a Como, dove un gruppo di facinorosi di ispirazione dipietresca e travaglina, e cioè giustizialista, ha impedito a Dell’Utri di parlare, in particolare di presentare proprio i presunti diari di Mussolini.
È evidente che tutto questo è molto utile all’intelligente editore. E che il polverone aumenta la curiosità. Si crea sempre più l’aspettativa per queste opere indipendentemente dalla loro sostanza. Si crea, insomma, il caso. Dell’Utri e soprattutto mia sorella si fregano le mani. Come ogni volta che la censura a uno spettacolo o a un film aumenta la curiosità. E dunque la fama sulfurea di Dell’Utri giova a Mussolini. Ma questa è cosa risaputa, e con l’episodio di Como potenziata. Nel pretendere il silenzio di Dell’Utri, condannato moralmente anche prima della sentenza definitiva, si esprime l’atteggiamento di intolleranza, perfino di razzismo. In democrazia, dunque, esiste qualcuno che non ha il diritto di parlare. Questo indigna in particolare Pierluigi Battista che, sul Corriere di ieri ha scritto: «No, la democrazia non funziona così. E spiace doverlo ricordare ai partigiani che contribuirono alla rinascita della democrazia in Italia dopo gli anni della dittatura. Così come bisogna ricordarlo a chi pensa di rafforzare la lotta alla mafia negando a Dell’Utri di dire la sua... La loro azione è pure controproducente oltre che intollerante. Basta attenersi a una regola semplice semplice: tutti hanno lo stesso diritto di parola. Tutti, nessuno escluso».
In realtà non è vero che tutti hanno lo stesso diritto di parola. Non ce l’ha, a esempio, chi confonde il fatto con l’opinione, chi pretende il rispetto del suo errore in nome della libertà di parola. Se uno dichiara che l’America fu scoperta nel ’300 non esprime un’opinione ma un’insensatezza. L’errore non può essere ammesso così come in qualunque consesso scientifico non si ammette l’incompetente. Di più: non si può accettare che se l’antimafia parla, la mafia abbia diritto di rispondere. E questo spiega l’atteggiamento dei protestatari, sulla base dell’a priori, non senza argomenti, che Dell’Utri sia mafioso. Ma, qualcuno dirà, cosa c’entrano la sua posizione giudiziaria e la sua discussa integrità morale con i Diari di Mussolini? Potremo non concedere la parola a Riina che protesta la sua innocenza nonostante le schiaccianti prove della sua colpevolezza, ma faremmo un errore se non lo ascoltassimo raccontarci la storia del Caravaggio trafugato a Palermo nel 1969. Un criminale che racconta la sua verità, che si pente (terminologia cristiana: ammissione del peccato) non merita forse di essere ascoltato?
Allora Dell’Utri che parla di Mussolini determina un pregiudizio sull’autenticità dei Diari ma, proprio per questo, ha una storia da raccontare. Deve parlare, e può generare sospetti ma non può essere sospettato senza fornirci indizi e prove. Ricordate? Egli fu incriminato per ciò che disse spontaneamente ai magistrati.

Se si fosse avvalso della facoltà di non rispondere non avrebbe fornito alcun elemento utile. Lo stesso vale per i Diari. Se non ne parla diventano veri e sempre di più si vorranno leggere per scoprirne il mistero. Mussolini e Dell’Utri ringraziano i contestatori.

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