
Chi volesse un nome, quello del possibile super favorito, sarebbe fuori strada. Perché non c'è all'orizzonte un profilo come fu quello di Joseph Ratzinger, capace di calamitare i consensi nel conclave ancor prima di entrare nella Sistina. Ma c'è poi un'altra ragione quasi banale: molti cardinali non si conoscono fra di loro, non si sono mai incontrati perché non c'è stata l'occasione, oppure hanno scambiato poche parole quando è capitato. Quindi, occorre sottolineare che il nuovo Papa uscirà sì dal confronto blindato ma grande importanza avranno i colloqui preparatori che cominciano oggi, con appuntamento alle nove nell'Aula del Sinodo. Le riunioni, formalmente chiamate Congregazioni Generali Preparatorie, si susseguiranno nei prossimi giorni secondo uno schema assai interessante: vi parteciperanno gli elettori, ma anche, se lo desiderano, i cardinali che hanno già superato la linea rossa degli ottant'anni, ma possono orientare la riflessione e poi il voto. Per esempio il canadese Marc Armand Ouellet, personalità assai stimata, che ha compiuto gli ottant'anni l'anno scorso e dunque non entrerà nella Sistina e, salvo sorprese clamorose, non diventerà il successore di Bergoglio. Lo stesso discorso vale per Angelo Scola, a lungo arcivescovo di Milano, e oggi a riposo. È fuori dai giochi, almeno a livello anagrafico, ma il suo parere, Congregazione dopo Congregazione, potrebbe essere molto pesante.
L'idea è appunto quella di convocare il conclave senza fretta, dando ai porporati almeno una decina di giorni per dialogare e farsi un'idea, prima di chiudersi dentro la Sistina. In questo momento i candidati più accreditati, quotati anche nei siti internazionali di scommesse, sono sempre gli stessi. In testa c'è il segretario di Stato, Pietro Parolin, settant'anni, vicentino di Schiavon, né troppo giovane né troppo anziano, in sostanza finì a ieri il numero due della Chiesa, vicino dunque a Bergoglio ma non schiacciato sulle posizioni dell'ala bergogliana. Parolin è uomo di mediazione, un diplomatico, conosce bene la struttura della Chiesa e potrebbe essere acclamato anche dai conservatori che hanno contrastato, anche esplicitamente, Bergoglio. Su di lui, insomma, potrebbero convergere i voti di quella che, sbrigativamente, è considerata la destra americana, ma non solo.
Certo, in molti ambienti ecclesiastici si pensa a un pontificato che corregga certi personalismi di Francesco e provi a riconnettere carisma e istituzione, non sempre allineati nell'ultima convulsa stagione della Chiesa in uscita. Certo, su 135 elettori ben 108 sono stati nominati da Bergoglio in una sequenza di concistori e dunque il collegio è o dovrebbe essere a immagine di Francesco. Il carisma di Luis Antonio Tagle, filippino, è fuori discussione, così come quello del bergamasco Pierbattista Pizzaballa, dal 2020 patriarca di Gerusalemme dei Latini. I loro profili sono assai suggestivi: Tagle porterebbe a San Pietro la spiritualità dell'Oriente e una vicinanza a quel mondo, con un vertiginoso cambio di prospettiva che sarebbe però anche un segno dei tempi. Allo stesso modo, Pizzaballa arriva da una delle terre più martoriate del mondo, al crocevia fra religioni e conflitti quasi insolubili.
Insomma, la sua elezione sottolineerebbe il valore della pace, in continuità con Francesco, e ancora una volta in corrispondenza con i drammi di oggi.
Nel listino dei più accreditati ci sono però anche altri nomi: l'italiano Matteo Zuppi, vicinissimo a Bergoglio e riferimento del mondo progressista; l'ungherese Peter Erdo, devoto mariano, più legato alla tradizione e il congolese Fridolin Ambongo Besungu che porterebbe la voce dell'Africa in Vaticano. Infine, outsider, il canadese Francis Leo, classe 1971, giovane, forse troppo, arcivescovo di Toronto, già molto apprezzato per la sua spiritualità.
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