Passeggero su un fiume di catastrofi

Fehérvarcsurgó (Ungheria)
Nel centenario della nascita e a un anno dalla sua scomparsa a quasi 99 anni, François Fejtö, storico, scrittore e giornalista di origine ungherese esule in Francia dal 1938, è ricordato e celebrato in questi giorni in un convegno internazionale organizzato dalla Fondazione Jozsef Károlyi, detentrice della sua vasta biblioteca, nel castello omonimo non lontano dal Lago Balaton. Tre giorni di lavori che hanno visto impegnati relatori ungheresi, francesi e italiani (le tre patrie intellettuali di Fejtö) Intorno a François Fejtö, «un europeo “passeggero del secolo”».
Nella conferenza inaugurale al Collegium delle Scienze di Budapest, l’amico e studioso Peter Kende ha ricordato la statura intellettuale e umana di un viaggiatore del secolo, l’osservatore infaticabile del comunismo nell’Europa centrale del quale denunciò le imposture, l’uomo che amava Spinoza e che per tutta la vita cercò una riconciliazione fra giudaismo e cristianesimo. Una comunicazione di Edgar Morin, letta in sua assenza dal conte Georges Karolyi, ha aperto i lavori al castello. Per Morin, grande amico fino alla fine, Fejtö fu un nobile rappresentante della grande cultura dell’Europa centrale da annoverarsi fra i grandi europei quali Stefan Zweig, aggiungendo che «Fejtö non fu soltanto un pensatore politico ma un pensatore metafisico che non cessò mai di interrogarsi su Dio».
L’ambasciatore di Francia in Ungheria, René Roudaut, ha sottolineato la precisione e il vigore intellettuale di un testimone del secolo, osservatore e spettatore impegnato che non ha mai partecipato a ciò che Julien Benda chiamò la «trahison des clercs», ma ha sempre tenuto ferma la distinzione fra verità relativa e verità assoluta, in breve fra Pravda (verità ufficiale) e Istina (verità non soggetta a interpretazioni). Francois Fejtö ha vissuto in Francia 60 anni, ha scritto la maggior parte dei suoi libri in francese, ma è sempre rimasto ungherese fino in fondo. Fra i ricordi più sentiti e le analisi più incisive del suo pensiero, le testimonianze di Péter Agárdi che ne scoprì il valore letterario, Paul Lendvai sul suo significato per gli intellettuali ungheresi, Thomas Schreiber sul suo lavoro di storico e giornalista, fautore del dialogo e nemico di ogni estremismo. Sulla visione di Fejtö dell’impero asburgico, prendendo le mosse dal suo Requiem per un impero defunto si sono pronunciati, in parte dissentendo, l’autorevole storico ungherese Igniác Romsics e Catherine Horel, direttrice delle ricerche al Cnrs e docente alla Sorbona.
Dei partecipanti italiani, assente Alberto Indelicato nella cui comunicazione «Fejtö politologo», letta al pubblico da Maurizio Serra, l’autore ha riconosciuto l’onestà intellettuale di Fejtö facendone un paragone con Isaiah Berlin. Maurizio Serra, diplomatico e storico, ha parlato del Fejtö «Passeggero del secolo», titolo anche del libro scritto con lui, grande spaccato del XX secolo e brillante summa del pensiero e dell’impegno di Francois Fejtö. Federigo Argentieri ha raccontato e analizzato il rapporto complesso e appassionato di Fejtö con la politica italiana, la profonda conoscenza del comunismo dall’interno, ricordando l’idillio con Silone (nella foto), l’intensa amicizia con Renato Mieli, la collaborazione con Montanelli e i suoi scritti per Il Giornale.


Anche i traduttori dell’opera di Fejtö in varie lingue hanno avuto voce in capitolo; Magda Ferch, che ha curato numerose edizioni ungheresi («Fejtö fu inviso in patria fino alla caduta del regime») ha parlato del suo difficile rapporto con la condizione di esule, mai accettata e sempre rimossa, di qui l’importanza che per Fejtö hanno sempre avuto le sue memorie scritte a 75 anni, Da Budapest a Parigi. In italiano usciranno in giugno per Sellerio.

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