«Le pattuglie militari? Per donne e anziani erano una sicurezza»

C’erano una volta i militari a Milano. Nel 2009 erano 434. Ne arrivarono altri 155 dopo la firma del decreto del ministro dell’Interno Roberto Maroni che, insieme al titolare della Difesa Ignazio La Russa, diede il via alla nuova fase dell’operazione Strade Sicure. Ma le giunte cambiano e anche, evidentemente, la percezione di sicurezza di chi le presiede. E, al grido di «Milano non è Beirut», la giunta Pisapia, a partire da giugno di quest’anno, ha cominciato a chiedere un progressivo disimpegno dei militari impiegati nei pattugliamenti misti nei quartieri più malfamati e difficili, per mantenerli soltanto nelle aree veramente a rischio e a tutela dei cosiddetti «obiettivi sensibili». La Russa, seppur senza lesinare frecciate velenose alla nuova giunta, ha accontentato il sindaco. Risultato numero uno: da metà luglio i militari a Milano sono stati dimezzati e adesso in città non sono più di 300. Risultato numero due: la gente ha sempre più paura. Perché la cosiddetta percezione d’insicurezza dei milanesi che, evidentemente, nulla ha a che vedere con quella di sindaci e giunte, è in aumento costante, come ha dimostrato la settimana scorsa anche una ricerca del neonato Osservatorio Sicurezza Ivri-Ispo i cui dati spiegano come il 59 per cento dei lombardi abbia paura anche tra le mura di casa e sette persone su 10 temano le strade della città.
«Credo che la percezione d’insicurezza sia importante perché determina negativamente la qualità della vita delle persone - ha spiega ieri nella sua sede di via Tonale Mario Furlan, 46 anni, dal ’94 fondatore e presidente dei City Angels, i noti volontari di strada in divisa rossa e basco blu -. Ecco perché la presenza dei militari è importante: hanno soprattutto una funzione visiva, psicologica nei confronti delle categorie più a rischio. E con queste intendo indicare non solo anziani e donne, ma anche i ragazzini che spesso vengono tiranneggiati da coetanei o da giovani un po’ più grandi di loro per un Ipod o cose del genere. Non è come avere un poliziotto, un carabiniere, un vigile, ma comunque la presenza dei militari lungo le strade offre più pro che contro. Io parlo con la gente, vado nei quartieri a rischio. E nessuno, credetemi, pensa che la presenza di uomini e donne dell’esercito in vie e piazze dia un’idea di una Milano eccessivamente militarizzata. Sono figure che trasmettono una maggiore sicurezza. Lascio ad altri la valutazione del rapporto costi-benefici».
Furlan conclude con una precisazione. «C’è un unico appunto che posso fare alla gestione dei militari a Milano. Per rassicurare le persone anziché fare presidi dovrebbero muoversi. Un esempio concreto? La stazione Centrale.

Capita spesso di notare che, a cento metri dalla postazione delle loro camionette, ci sono liti, tentativi di borseggio e cose del genere. Loro ci sono, ma se non vanno in giro per la stazione, anziché stare fermi in un solo posto, servono a poco».

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