Non conta tanto lo status di pensionato, un mito non va mai in pensione. E neppure quel che gli passa l’Inps brasiliano, spiccioli per una leggenda diventata juke box della pubblicità. Invece conta essere e restare il numero uno del calcio, a dispetto di Maradona. «Usava solo il sinistro, io anche il destro e segnavo tanto di testa». È il re del mondo. O Rey come nessuno. «Ho detto ad Obama: verrò a prendere un caffè con te alla Casa Bianca, come ho fatto con Kennedy, Nixon e Clinton. In questi anni puoi diventare più famoso di me. Ma il Re resto io».
O Rey è Pelé e guai a chi voglia usurparne il trono. Le leggende sgomitano, di tanto in tanto. Muhammad Alì si è autoproclamato il più grande. Quella sua malattia, il maledetto tremolio che martorizza il corpo, ne fa un personaggio mastodontico più di Pelé. Mai un pensionato. Semmai un benefattore. Garrincha faceva piangere di commozione i brasiliani. Pelé li faceva inchinare alla maestosità. Garrincha è morto povero e alcolizzato. Joe Louis, l’ex campione dei massimi, sopraffatto dalle tasse. Pelé è rimasto sempre sul trono. E ora vuol tornare fra di noi. «Da qualche mese sono un pensionato», ha raccontato. «Un pensionato da tremila reais». Che al cambio valgono 995 euro. Sì, le leggende dovrebbero valere di più anche per l’ufficio pensionamenti. O forse è l’unico momento in cui si calano nelle miserie della normalità.
Pelé oggi ha 68 anni, è testimonial per i mondiali 2014. «Eppoi farò la vita da pensionato», ha raccontato al settimanale brasiliano Veja. Pensionato di lusso grazie a guadagni conquistati con pubblicità e conferenze. «Non certo con il calcio. Ai miei tempi non si incassava quanto oggi». Ci fosse stato oggi, gli 11 milioni di euro guadagnati da Ibrahimovic sarebbero una mancia.
Ma O Rey ha monetizzato la fama, più che la bravura. Ha pensato a se stesso e ai nipoti. «Se sapranno amministrare bene il patrimonio non avranno bisogno di lavorare». Appunto come lui, che ora si diverte a provare le piccole ebbrezze del pensionato. «Al cinema pago metà prezzo, e viaggio gratis sui mezzi pubblici». Anche se, in vita sua, deve aver pagato a malapena i taxi. I dollari gli sono piovuti addosso, è stato sponsor della sua immagine con eccelsa bravura. Ha strabattuto Maradona. Ha evitato di rovinarsi la reputazione, seppur con la pubblicità. Ha raccontato: «Ai tempi di Usa ’94 una ditta di whisky era disposta a pagarmi qualunque cifra pur di riprodurre il mio viso sull’etichetta. Ma ho rifiutato: non ho mai fatto pubblicità a bevande alcoliche, politica, religione o tabacco». Da Perla nera a Black label, sarebbe stato un passo.
Oggi che il calcio produce divi e divismo, Pelé resta il re delle figurine che non scoloriscono mai. Il tempo della pensione lo ha ricondotto in Brasile, alla sua scuola calcio, agli affetti dei figli. Soprattutto ora che si è separato dalla seconda moglie, Assiria, dopo 14 anni di matrimonio. «Era un po’ troppo radicale con la sua religione protestante evangelica».
La signora sarebbe andata d’accordo con Kakà. Pelé è un po’ più frivolo. Lo è sempre stato. Oggi è pensionato e single. «Ma grazie a Dio, ho tantissime amiche in Brasile e a New York». Magari non era solo un problema di religione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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