Indennità di accompagnamento uguale possibile truffa in agguato. Sta qui, nell'ampia zona d'ombra coltivata per anni, con la cura che si riserva agli affari redditizi, da politici spregiudicati, da medici compiacenti e dalla criminalità organizzata, la massima criticità di un sistema che, fino all'altro ieri, erogava pensioni di invalidità senza grandi possibilità di verifiche.
Ed è su questo fronte di guerra che l'Inps della riforma, l'Inps del presidente Mastrapasqua, sta concentrando i suoi sforzi per raggiungere la massima trasparenza nelle erogazioni dei sussidi. Ma non è impresa facile se lasciamo parlare i numeri. E i numeri ci dicono che, anche quest'anno, sui 16,7 miliardi di euro di spesa prevista per l'assistenza dall'Inps, oltre 12 miliardi saranno assorbiti dall'assegno di accompagnamento. Un assegno che, lo ricordiamo, viene erogato in presenza di una invalidità del 100 per cento, che significa non autosufficienza, impossibilità di muoversi e di nutrirsi. Ma un assegno che, ecco il fertile terreno in cui si è mossa per anni la compagnia del malaffare, viene concesso, al contrario della pensione di invalidità, indipendentemente dal reddito del richiedente. Il sussidio di accompagnamento, in altre parole, spetta al povero come al ricco.
Ma restiamo ai numeri. Nel 2002 le pensioni di invalidità erogate erano 672.248 con un importo medio del sussidio di 223.07 euro, mentre le indennità di accompagnamento erano 1.094.537 per un importo medio mensile, intascato dal beneficiario, di 403.5 euro. Numero totale delle due prestazioni: 1.766.785. Importo complessivo medio mensile erogato: 334.84 euro. Come si può notare il divario fra l'entità delle due prestazioni era già ampio otto anni fa. Ed è continuato a crescere tanto che a fine 2009 si è arrivati a 832.566 pensioni di invalidità per un importo medio erogato di 258.01 euro, contro 1.804.828 assegni di accompagnamento distribuiti, per un importo medio di 455.91 euro. Tirando le somme, pensioni di invalidità e indennità accompagnamento sono in totale 2.637.394, con un importo complessivo medio mensile erogato di 393.43 euro.
In un mondo che ha bisogno di certezze, la prima certezza, per rispetto ai veri invalidi, è quella di arrivare a concedere, solo a chi ne ha realmente bisogno, il sussidio. O, meglio, i sussidi, perché l'assegno di accompagnamento, come dicevamo, si aggiunge automaticamente alla pensione di invalidità quando questa è del cento per cento. All'Inps, quando li scovano, preferiscono diplomaticamente chiamarli ex invalidi invece di falsi invalidi. Fatto sta che, archiviati i 200mila controlli dell'anno passato, che hanno portato a smascherare trentamila scrocconi, quest'anno sotto la lente d'ingrandimento, imposta dalla decenza prim'ancora dell'onestà, saranno in centomila a tremare e di questi, almeno ventimila, quindi un invalido su cinque, per ribadire il concetto, non passeranno «l'esame dell'obbligo» per poter continuare a godere dei benefici. «La cosa più importante adesso - ama ripetere il presidente Antonio Mastrapasqua - è evitare di laureare nuovi falsi invalidi».
Ma che dove e come è nato l'esercito dei falsi invalidi che rappresenta oggi una pesantissima zavorra nel bilancio statale? Il dove si può ben individuare in quell'iter estenuante (tredici passaggi per 345 giorni di media, che arrivavano a quasi due anni in Sicilia) che si doveva percorrere, fino a due anni fa, per ottenere una pensione di invalidità. Una paradossale trafila: domanda all'Asl, visita medica, trasmissione del verbale all'Inps, verifica della commissione periferica del ministero del Tesoro, esame del verbale da parte dell'Inps. A questo punto, a seconda del giudizio dell'istituto di previdenza, ulteriori accertamenti oppure trasmissione del verbale all'Asl e quindi l'ok dell'ente concessore. Che in molti casi erano Comune o Provincia. Enti dove le connivenze, il voto di scambio, le clientele hanno dettato legge da sempre, specialmente al Sud.
In ogni caso tante, troppe stazioni di sosta che, se da un lato punivano i veri invalidi (stando alle statistiche, su dieci malati di tumore, sette morivano prima di ricevere l'assegno) dall'altro hanno permesso agli imbroglioni e ai disonesti di organizzarsi al maglio. Di fatto la mancanza di controlli incrociati fra i vari organismi e l'assenza di un numero di protocollo unico per ogni singola pratica è stata la solida base che ha favorito l'illegalità. Curioso notare anche che le commissioni di verifica delle invalidità sono sempre state pagate a cottimo: 7 euro a pratica per ognuno dei quattro medici, tre dei quali nominati dal direttore generale dell'Asl, a sua volta scelto dai politici. Se si calcola che in certi casi, soprattutto nelle regioni del Sud, le commissioni arrivavano a esaminare anche quaranta pratiche a seduta, basta fare una semplice moltiplicazione per considerare a ragione la «questione invalidi», fino a prima della riforma, un'attività redditizia, che a un medico poteva assicurare 280 euro in mezza giornata. Che sulla giostra della disonestà girassero, almeno fino all'altro ieri, soldi e voti di scambio l'ha confermato il pentito Alessandro Galante al giudice palermitano Sergio Demontis. Una pratica di falsa invalidità può costare anche seimila euro. Secondo la dettagliata ricostruzione che Galante ha reso negli interrogatori il meccanismo funziona così: a metterlo in moto è il collettore delle domande, di solito un politico o un medico ben «ammanigliato». Chi procura i sussidi irregolari si divide i soldi degli arretrati, cioè il credito accumulato dall'assistito dal momento della domanda a quello del riconoscimento dell'invalidità, mentre il falso invalido incasserà, ovviamente, il suo bell'assegno futuro quando comincerà ad arrivare.
Drammaticamente chiaro. Come le cifre, altre cifre illuminanti, che sintetizzano la battaglia dei controlli effettuati dall'Inps nel 2009: 16.404 giudizi medico legali conclusi con la non conferma dei requisiti sanitari e 4.
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