Gli perdonano la stangata ma guai se Monti va da Vespa a "Porta a porta"

Gaffe del premier: annuncia di voler andare in tv prima che in Parlamento a spiegare la manovra. Napolitano gli fa fare retromarcia, però è polemica sulla passerella

Gli perdonano la stangata ma guai se Monti va da Vespa a "Porta a porta"

Roma Primo passo in uno studio tv e primo passo falso per Monti, luminare dell’economia ma meno esperto come politico. Un evento catastrofico sembra aver spezzato la luna di miele con la stampa. L’aumento delle tasse già a livelli insopportabili? I conflitti di interessi dell’esecutivo? Le «misure impressionanti» spiegate prima a Sarkozy e Merkel e solo dopo all’Italia? No, l’ospitata da Vespa. L’avventata decisione di Monti (prontamente modificata) di andare prima alla terza camera di Porta a porta e dopo alla Camera vera e propria ha risvegliato giornali e partiti dal torpore tecnico.

Persino il Corriere della sera, molto favorevole al premier, ha battuto per qualche ora sul chiodo: «Monti da Vespa, scoppia la polemica». E Repubblica? Ha lanciato addirittura un sondaggio sul «caso Vespa, cosa ne pensate?». Una specie di elettroshock. Anche l’Udc, primo sponsor politico dell’operazione Monti, si è messo a ironizzare. Il casiniano Rao, uno di quelli che segue per i centristi le cose Rai, ha picchiettato sul suo Twitter una domandina cattivissima: «Monti troverà da Vespa anche Paolo Crepet per le lacrime e Francesco Bruno per il sangue? Per i sacrifici basta il maggiordomo». E questo dall’Udc, più montiano che mai. Non c’era misura lacrime e sangue che potesse sortire l’effetto che ha avuto Bruno Vespa.

Rimediato però al volo, con la rettifica dell’agenda, suggerita (anzi, chiesta) da Giorgio Napolitano, da cui Monti è andato in serata: prima alla Camera, e soltanto dopo a Porta a porta. Il premier verrà intervistato da Vespa (nel tondo) nello spazio tra il tg e la prima serata (20.35-21), per poi tornare nella seconda, nel consueto spazio del talk show di Vespa, insieme ai ministri Corrado Passera ed Elsa Fornero. Lo spezzatino si spiega anche col fatto che se fosse andato in prima serata, il martedì, Vespa avrebbe tagliato le gambe a Floris, che conduce sul Tre Ballarò. Pertanto Monti apparirà e scomparirà senza disturbare il palinsesto della terza rete Rai.

Prima di questo bagno televisivo, il premier si presenterà alla Camera dei deputati (lunedì alle 16) per illustrare le misure anti-crisi, mentre il giorno successivo farà lo stesso al Senato. Insomma, per il premier sembra arrivato il momento dell’azione. Non essendo espressione di un partito, ma di una coalizione allargata, a Monti tocca un inedito rito di «consultazioni» perenne, che nel caso specifico comincerà oggi e continuerà domani. In scaletta, al primo posto (cronologico) nella mattinata, il Terzo polo, con una delegazione formata da Casini (Udc), Rutelli (Api) e Benedetto Della Vedova (Fli). Dopo sarà il turno del Pdl, con Cicchitto, Gasparri e Alfano, il segretario del partito che andrà da Monti «senza paletti», ma con in realtà un limite già fissato: la manovra sarà dura, ma non dovrà aprire «uno scontro sociale». Non sarà una passeggiata per il premier, che poi in serata dovrà vedersela con Bersani e i tormenti del Pd, specie sulle pensioni.
Quello dei democratici è forse il fronte più caldo, quello dove si apriranno più fratture.

«È il momento di uno sforzo collettivo - avverte il leader Pd - ma noi chiediamo equità. Il governo non resti sordo e disattento alle nostre idee». Tradotto significa che, da parte Pd, l’esecutivo ha il via libera per l’innalzamento dell’età pensionabile, a patto che le risorse non servano a fare cassa ma a sostenere i ceti più deboli e i giovani. Posizione ancora più stretta per la sinistra del Pd, quella dell’ex ministro Damiano, che non ha nessuna intenzione di appoggiare una riforma che tocchi «i lavori usuranti» e «chi ha versato 40 anni di contributi».

Ma Monti dovrà vedersela anche con i sindacati, domani.

Al centro del confronto la quota 40, (l’aumento degli anni di contribuzione) «numero magico», come l’ha definito la leader della Cgil Susanna Camusso, che ha già fatto sapere il suo no. Ma anche la Cisl chiede «una trattativa, non una semplice consultazione». Un tranquillo weekend di tensioni.

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