Ero lì lì, alla fine dell’appena trascorso anno, per scrivere una lettera aperta al Ministro dell’Istruzione, quando ho letto che quest’ultimo aveva querelato Nicola Lagioia per una critica a un suo post, definendolo sgrammaticato. Tutto lecitamente nel diritto di critica per cui, fossi un ministro, uno scrittore non lo querelerei, sebbene io come scrittore abbia ricevuto diverse querele, e non ho mai chiesto scusa, perché so quello che scrivo.
Dicevo, stavo per esprimere solidarietà quando leggo uno o più appelli di Lagioia, ovviamente su Repubblica, in cui chiede al Ministro di ritirare la querela, chiede scusa, si genuflette, lo prega addirittura, come un condannato a morte che stia chiedendo una grazia.
Cosa sarebbe successo al povero Nicola? Una causa, un tribunale, e un giudice che molto probabilmente gli avrebbe dato ragione. Cosa è successo invece: che il Ministro ha ritirato la querela, e Lagioia è contento. Ma avrebbe poco di cui essere contento. Ne parlo perché lo conosco bene, è anche un mio amico (non nel mio cerchio magico, uno tra i tanti), il quale però, quando sono partite le fatwe contro il sottoscritto, tante (l’ultima una petizione delle femministe capitanate dall’ancora viva Michela Murgia affinché io non pubblicassi più né romanzi né interventi sul Giornale), e era pure direttore del Salone del libro, non ha mosso un dito, non ha aperto bocca. Al telefono in privato sì, pubblicamente no. Su questa come su molte altre questioni, «hai ragione ma non posso». Per carità, io mi sono difeso da solo, senza chiedere niente a nessuno, e all’hashtag #boicottaunsessista (il sessista sarei stato io), ho risposto con una lettera su Dagospia in cui dicevo: boicottatemi stocazzo. Scusate il francesismo.
Il problema è quello che Fulvio Abbate ha chiamato «amichettismo», e stessa cosa è successa tra La Gioia e Chiara Valerio, ora anche lei direttrice, e sodale della Murgia che scriveva libri con Chiara Tagliaferri, moglie di Nicola Lagioia e ora sodale di Chiara Valerio. La cultura, in Italia, non riesce a liberarsi di questa massoneria ideologica, dallo Strega alle recensioni tra amici al pensiero unico purché convenga (e parlo di tutta la cultura, non della cultura di sinistra o della cultura di destra).
Insomma, io la querela me la sarei tenuta, anzi l’avrei ostentata come un fiore all’occhiello, così come tutti coloro che hanno cercato di abbattermi negli ultimi venti anni, mi sarei preoccupato se non avessero cercato di farlo. Essere scomodi significa questo. Altrimenti è inutile citare Céline, citare Bernhard, citare Beckett, citare Fenoglio, citare la Resistenza, se al primo «buh!» ti spaventi. Immaginate se davvero ci fosse stato il fascismo che nominano un giorno sì e l’altro pure, ho l’impressione che sarebbero tutti lì a sgomitare per sottomettersi e avere un posto di rilievo. Cosa che d’altra parte già fanno.
Ultima cosa: io ho sempre pensato alle mie opere che non sono né di destra né di sinistra, sono opere appunto, neppure le presento, perché un’opera si presenta da sola e l’autore deve essere invisibile, più vai in giro a parlarne più significa che l’unica cosa che ci tieni a presentare è te stesso. A proposito: il Giornale mi ha sempre lasciato scrivere quello che volevo, cose né di destra né di sinistra, tendenzialmente libertarie, individualiste, anche capitaliste, idee che non piacciono né a una parte né all’altra.
Ma è anche un merito del Giornale che me lo permette, così come Pier Paolo Pasolini scriveva sul giornale del suo nemico ideologico, il Corriere della Sera, e era anche merito di Piero Ottone, all’epoca direttore del quotidiano della borghesia, consentirglielo. Ora, vi immaginate Pasolini, anche lui nominato un giorno sì e l’altro pure per farsi belli, per impasolinarsi come cotolette impanate, che si mette a pregare un ministro di ritirare una querela? Se sei un intellettuale sei responsabile di ogni singola parola che scrivi, e te ne assumi la responsabilità fino all’ultimo.
Per carità, capisco l’abiura di Galileo, che voleva evitare la fine di Giordano Bruno, ma nessuno avrebbe bruciato Lagioia, al massimo la Valerio e la Tagliaferri e compagnia bella (diciamo bella, va) gli avrebbero acceso le candeline sulla torta di compleanno. Il punto è che atteggiarsi da scomodi stando nel bozzolo del proprio salotto culturale comodo è la caratteristica degli intellettuali italiani, signore mie.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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