Maria Grazia Cucinotta: "La mia battaglia per dare un'altra possibilità a chi sbaglia"

L'amata attrice al fianco delle detenute del carcere romano di Rebibbia per mettere in scena degli spettacoli: "La loro voglia di rinascere è contagiosa"

Maria Grazia Cucinotta con la regista Francesca Tricarico e le attrici ex detenute
Maria Grazia Cucinotta con la regista Francesca Tricarico e le attrici ex detenute

Portare il teatro nelle carceri e dare una seconda possibilità a chi ha sbagliato: nato nel 2013 da un'idea della regista Francesca Tricarico, il progetto Le donne del muro alto compie dieci anni. La compagnia teatrale composta da attrici ammesse alle misure alternative alla detenzione ed ex detenute di Rebibbia ha presentato per la prima volta alla Camera dei deputati lo spettacolo Medea in sartoria", con una madrina d'eccezione: Maria Grazia Cucinotta, da sempre sostenitrice delle iniziative dell'associazione. "Dal 2013 con l’associazione Per Ananke realizzo spettacoli negli istituti penitenziari femminili, dal 2020 anche all'esterno con le stesse donne con cui ho lavorato in carcere e nel reparto transgender", le parole di Francesca Tricarico: "Il teatro è un mezzo importante di inclusione sociale e lavorativa, perché fronteggia l’isolamento e fornisce competenze utili a sostenere il rientro nel mondo del lavoro. Questi dieci anni di teatro nelle carceri sono la prova tangibile che la cultura è uno strumento di emancipazione, in grado di abbattere lo stigma sociale legato alla detenzione, subito dalle donne più degli uomini. Per noi è quindi un’occasione di riscatto dentro e fuori le mura carcerarie". Come anticipato, la regista può contare sul sostegno incondizionato di Maria Grazia Cucinotta, da sempre impegnata nel sociale. In attesa di vederla in sala con tre interessanti progetti - il film su Mameli "Goffredo - e l'Italia chiamò" di Angelo Antonucci, "Il meglio di te" con Vincent Riotta e l'ultima fatica di Beppe Cino "Gli agnelli possono pascolare in pace" - l'attrice ha parlato a ilGiornale.it di questa sua missione.

Come è iniziata questa bellissima storia?

"Ho conosciuto la regista Francesca Tricarico nel 2018. Ho ricevuto un invito per la messa in scena de 'Il Postino' nell'ala di alta sicurezza del carcere di Rebibbia. All'inizio sono rimasta un po' interdetta, ma non ho mai fatto differenze di alcun tipo nella mia vita e mi son detta: 'Perchè no? Vado a vederlo'. Ed è stata una delle cose che mi ha emozionato di più: vedere queste donne sul palco rifare le scende de 'Il Postino' e soprattutto avere la possibilità per la prima volta di essere giudicate per il loro talento e non per i loro sbagli. La possibilità di ricominciare e di sentirsi libere dentro al carcere: tante di loro non hanno avuto la possibilità di scegliere e si sono ritrovate una vita sbagliate. Grazie alla recitazione e alla sua voglia di fare del bene, Francesca Tricarico è riuscita a dare loro una seconda possibilità. Da lì è nato un progetto che ha portato lo spettacolo anche fuori dal carcere per le donne in semi-libertà. Si può sbagliare, nessuno è perfetto, ma l'importante è avere qualcuno che ti dia la possibilità di capire che attraverso la recitazione può nascere una nuova vita".

Il 4 maggio la presentazione alla Camera dei Deputati: come è andata?

"Un'emozione unica. Poi io ogni volta che le vedo piango, la loro felicità e la loro voglia di rinascere è talmente contagiosa... Non hanno avuto paura di mettersi in prima linea, di raccontare il loro passato: sono un messaggio positivo anche per chi ancora è dentro. Sono un veicolo di buone notizie, di speranza. C'è molto di più di uno spettacolo: c'è la vita dentro".

Ne parla con affetto materno...

"Sono cresciuta in un quartiere disagiato, ho visto amici entrare e uscire dalla galera, ho visto persone perdersi. Se ci fosse stata Francesca anche lì... Il carcere non deve essere solo punitivo, ma deve essere anche educativo: deve dare la possibilità di cambiare vita, di rinascere. Ripeto: tutti possono sbagliare, chi sbaglia non è sempre un mostro".

Francesca Tricarico
La regista Francesca Tricarico

Concretamente, come si può intervenire?

"Non ci sono fondi e se ci sono, sono limitati. Francesca fa dei prestiti a nome suo per portare avanti lo spettacolo: è una donna che ammiro per la sua generosità, ha dedicato tutta la sua vita a loro. Ci dovrebbero essere molti più fondi a disposizione per rieducare le persone che hanno voglia di cambiare vita. Per non parlare poi del carcere minorile, che avrebbe bisogno di tante attività di questo tipo".

Cosa si porta con sè da queste esperienze?

"La speranza che il mondo possa cambiare, basta volerlo".

Lei è un grande esempio di libertà, ma il più delle volte la libertà si paga...

"La libertà di essere te stessa la paghi, la paghi sempre perchè non segui gli stereotipi. Io vivo seguendo l'istinto della vita e non quello del business: certo, faccio un lavoro meraviglioso e sono stata fortunata perchè così ho avuto la possibilità di aiutare gli altri, ma non vivo seguendo i numeri. Le cifre del conto corrente o dei followers non mi interessano: l'ho capito crescendo e ho sempre combattuto per questo. Anche se l'essere umano sbaglia, è sempre convinto di essere sempre superiore. Ma se pensi che la tua vita possa valere più di quella di qualcun altro, vuol dire che non hai capito un cazzo".

La sua carriera è straordinaria, ma presto farà il suo esordio dietro la macchina da presa...

"Con Francesca Tricarico ho deciso di fare un docufilm su tutto il suo percorso e il prossimo gol è quello di portare in scena le transgender, che sono le più penalizzate dentro al carcere."

Lei si è sempre battuta per le donne, Giorgia Meloni è il primo presidente del Consiglio donna del nostro Paese...

"Io penso che il talento non abbia sesso, una donna può essere brava quanto un uomo e un uomo può essere bravo quanto una donna,

l'importante è avere la possibilità di dimostrarlo. Giorgia ce l'ha fatta, è stata eletta e sta facendo il suo percorso. Io sono completamente apolitica, ho imparato che è meglio starne fuori ma non ho alcun tipo di pregiudizio".

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