La maggioranza giallorossa ha le sue priorità. Tra queste, c'è l'approvazione di una legge, il ddl Zan-Scalfarotto, che è una vera architrave della "piattaforma Cirinnà".
MoVimento 5 Stelle, Italia Viva e Partito Democratico possono risultare divisi su molti temi, ma sulla liberalizzazione dei "nuovi diritti" non c'è mai stata storia: sono tutti d'accordo. È in questi tempi pandemici che certe battaglie vengono portate all'attenzione del Parlamento: la Camera dei Deputati è chiamata ad esaminare in questi giorni quel testo di legge. Con buona pace di chi pensa che le priorità adesso siano altre.
Alcuni cattolici si sbracciano, perché ritengono che quel ddl possa minare alla base la libertà di pensiero. Non manca chi avverte sulle conseguenze relative al piano penale: sarà ancora legittimo affermare che un bambino ha bisogno di un padre e di una madre? A ben vedere, ridurre tutto ad uno scontro tra "cattolici" e "non cattolici" è troppo semplice: questa della legge in discussione è una questione che può interessare chiunque.
Il ddl Zan-Scalfarotto si propone di contrastare l'omofobia e la transfobia. Pochi giorni fa, l'esecutivo ha inaugurato un portale ad hoc per il benessere e la salute delle persone transgender. Anche in quel caso il fronte pro life ha avuto qualcosa da ridire ma, piuttosto che sul particolare, conviene concentrarsi sul generale, ossia sulla volontà dei giallorossi di proseguire sulla strada dei "nuovi diritti" e della loro tutela.
L'opinione dell'avvocato Simone Budelli, presidente dell'Unione giuristi cattolici di Perugia, è senz'appello: "Il ddl Zan-Scalfarotto contro l'omotransfobia è ammantato di libertà e progresso, ma in realtà una legge liberticida, che non apporta nessuna ulteriore garanzia per la minoranza gender". Detta così può sembrare un'esagerazione. Budelli chiarisce: "Il ddl finisce in realtà per costruire ulteriori muri, recinti e riserve, in cui alcuni diventano più uguali degli altri". La ratio sollevata dai contrari è più o meno la seguente: certi giudizi possono non essere discriminatori, ma essere fondati su una base valoriale, su un credo religioso, su delle convinzioni profonde e così via. E come si fa a distinguere una convinzione profonda da un episodio di discriminazione? Non sembra complesso, eppure è attorno a questo particolare che ci si sta scontrando.
Il professor Budelli la vede così: "Contro gli "odiatori omofobi", che giustamente i proponenti vorrebbero punire, non c'è bisogno di alcuna altra norma ulteriore rispetto a quelle già esistenti nel codice penale, come dimostrano i procedimenti che hanno portato a pesanti condanne inflitte a coloro che hanno offeso omosessuali o transessuali. Inoltre, dai dati del Ministero dell’Interno, si deve escludere che ci si trovi di fronte a un fenomeno sociologicamente rilevante. E allora non possiamo non domandarci 'cui prodest'? ". Il sistema giuridico italiano è insomma già in grado d'individuare, e dunque produrre effetti mediante le corrispettive sanzioni, le fattispecie inerenti ai reati d'odio. Ma la maggioranza vuole una legge specifica. Diviene lecito, allora, constatare la natura ideologica di un provvedimento di questo tipo?
Per il professore al vertice dell'Unione giuristi cattolici di Perugia, la preoccupazione è soprattutto relativa alla modifica dell'art. 604 del codice penale: " È già molto chiaro", afferma. E quindi un ulteriore ampliamento non servirebbe. La legge in oggetto prevede questa estensione: "...l'obiettivo non è punire gli odiatori, ma quello di creare una nuova casta, conducendo ad una deriva appunto liberticida che rischia di sanzionare non già la discriminazione, bensì l’espressione di una legittima opinione", aggiunge l'avvocato.
Per comprendere meglio cosa accadrebbe sul piano pratico, conviene fare degli esempi: "Se vorrò criticare - anche in privato - lo stile di vita gender rischierò la galera, in violazione dell'art. 21 della Costituzione che ricordo è la pietra angolare della nostra democrazia.". Ma non si tratta solo di esprimere idee che potrebbero essere ritenute non più conformi: "Se mi opporrò ad una educazione che non condivido per mio figlio - fa presente il professore - , rischierò addirittura di perdere la potestà genitoriale. In parole più semplici, in base al nuovo art. 604 bis cod. pen.
, si potrebbe ipotizzare che una madre possa essere condannata qualora suggerisse alla figlia di non sposare un bisessuale; oppure potrebbe essere condannato un padre che decidesse di non mandare il proprio a lezione di educazione sessuale trans-gender".Budelli è preoccupato. E in realtà, nel caso la libertà di pensiero fosse ancora garantita dal nostro sistema giuridico, lo saremmo anche noi.
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