Di Pietro medita il via libera: «Ma stangate i soldi all’estero»

RomaLa manovra è lì, un enorme moloch con cui - piaccia o non piaccia - tutti dovremo fare i conti. Ma da quando sono stati resi noti i contenuti è iniziato il lavorio di quanti puntano a cambiare chi un pezzo, chi un altro, secondo i propri interessi. Istanze che il governo non potrà ignorare se vorrà portare sano e salvo il pacchetto di provvedimenti attraverso la tempestosa navigazione parlamentare. Soprattutto perché il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha annunciato di non voler ricorrere allo stratagemma di porre la fiducia. Una rinuncia coraggiosa ma che moltiplica le trappole.
Le opposizioni sono lì in agguato. Antonio Di Pietro ha fatto la sua lista della spesa: agire di più sui costi della politica, contributo obbligatorio per chi si è avvalso dello scudo fiscale riportando i soldi in Italia (un «vero riciclaggio di Stato», ha detto il leader dell’Idv), interventi più drastici sull’evasione fiscale. Se sarà in parte accontentato, Di Pietro ha fatto capire che potrebbe dare via libera al documento. Il Pd ha varato una contromanovra all’insegna dello slogan «deve pagare chi non paga mai». Pier Luigi Bersani ha promesso di dare battaglia in sede di dibattito parlamentare, ma non è detto che non si ammorbidisca se dovesse portare a casa il prelievo straordinario sui 105 milioni di capitali esportati illegittimamente e rientrati in Italia. Quanto a Pier Ferdinando Casini ha già socchiuso la porta a un dialogo con la maggioranza, peraltro obliterato dallo stesso Berlusconi. Nel caso del leader dell’Udc lo scopo non sembra tanto portare a casa questo o quel ritocchino, quanto piuttosto accreditarsi davanti all’opinione pubblica come forza di opposizione responsabile. Non si sa mai.
C’è poi la fronda interna alla maggioranza, guidata da nove parlamentari del Pdl che hanno già promesso una raffica di emendamenti per rendere la manovra più liberale. Sotto accusa in particolare il superprelievo di tre anni. Attorno al gruppo dei nove si muove una galassia di pidiellini furiosi per un provvedimento che penalizza il ceto medio-alto e il popolo delle partite Iva, che potrebbero tifare ben rimpannucciati per la protesta di Giorgio Stracquadanio e soci.
Il capitolo della manovra che più di ogni altro ha sollevato proteste trasversali è la sforbiciata alle Province più piccole. L’Idv ha avanzato il dubbio che si siano volute salvare a tutti i costi alcune Province, come Sondrio, cara alla Lega. Di certo, aver scelto la strada del compromesso - abolire solo alcune Province - favorisce ora le recriminazioni e le rivalità in ogni angolo d’Italia e la corsa al si salvi chi può. Insomma, su questo argomento c’è da aspettarsi qualche cambiamento dell’ultima ora.

Nella calura ferragostana molto attive anche le lobby dei professionisti, colpiti dalla prospettiva di una liberalizzazione degli ordini professionali. Mentre naturalmente i sindacati prendono di petto la manovra e annunciano, come nel caso della Cgil, lo sciopero generale. Ma lo avrebbero fatto in ogni caso, c’è da scommetterci.

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